A convito nel mio cuore di Monica Cornali. Siamo tutti invitati alla festa della poesia
A convito nel mio cuore. Raccolta di “elevazioni poetiche” di Monica Cornali, collaboratrice della Difesa, che si interessa di unire la sua formazione psicologica al cammino spirituale
A convito nel mio cuore è il titolo della raccolta di “elevazioni poetiche” di Monica Cornali, psicologa clinica ed esperta in formazione, ricerca e sostegno sui temi della perdita, oltre che collaboratrice della Difesa.
«Il “convito” – spiega l’autrice, che è alla sua terza raccolta di poesie dopo I canti dell’attesa (2012) e Le mie lotte con l’Angelo (2017) – è una festa solenne. È un termine un po’ desueto, ma a me piace molto, proprio per il suo richiamo ai banchetti nuziali, di memoria anche evangelica. C’è da festeggiare qualcosa. E così mi è venuta questa immagine: radunare i commensali in un posto inusuale, un cuore umano, nella fattispecie quello del poeta. Tutti sono invitati alla festa della poesia, che è uno spazio sacro, di lotta, preghiera, scoperta. In particolare coloro che si sentono smarriti, in ricerca, in cammino, coloro ai quali la poesia può ancora dire qualcosa».
Le “elevazioni poetiche” contenute in questo volume (Effatà editrice), suggeriscono che «in un mondo in cui tutto è frettoloso e performativo, la poesia costringe per così dire alla calma, al silenzio e alla elevazione dello spirito, come fa la musica e tutta l’arte. Qui c’è un gioco di parole curioso: la poesia eleva, ma verso cosa? Verso una profondità, di se stessi, della vita. È una cura dell’interiorità che ritengo necessaria nella complessità in cui viviamo».
Da anni Monica Cornali si interessa di unire la sua formazione psicologica al cammino spirituale. «Ho sempre avvertito un forte anelito alla trascendenza, fin da bambina ricordo. È come se avessi sempre saputo, pur non riuscendo allora a dirlo, che siamo fatti per uno splendore. Non si è mai spenta questa fiaccola in me, pur se la vita ha riservato anche a me tante difficoltà. Ho capito, nel tempo, che la dimensione spirituale non mi allontanava dalla realtà, ma anzi mi consentiva di reggerla nel momento in cui era particolarmente dolorosa, di valorizzarla nella sua preziosità e anche di relativizzarla, cioè metterla in relazione a una trascendenza. In tal modo, per me, l’essere umano che vive gli inevitabili alti e bassi della vita, accedendo alla dimensione spirituale (che appartiene a tutti, anche a coloro che si ritenessero “non credenti”, tanto che Viktor Frankl ne ha parlato in termini di Dio nell’inconscio) si connette al grande disegno in cui siamo immersi, pur se a volte ci perdiamo e assolutizziamo un minimo “tassello” di questo puzzle».