Uscire dalla testuggine. Se non allentiamo un poco le difese, rischiamo di schiacciare i nostri protetti all'interno della falange stessa
Attorno al desiderio di custodire i nostri cari si è sviluppato un tepore rassicurante e anche difficile ora da abbandonare a cuor leggero.
Desiderare di uscire e accingersi a uscire di casa realmente: ecco “momenti” che avevamo creduto emotivamente coincidenti in questa circostanza denominata ufficialmente Fase2.
In effetti, il nostro vivere al riparo e in protezione per oltre due mesi durante la pandemia ha condizionato fortemente il nostro modo di relazionarci all’ambiente esterno e anche a tutti quegli individui non facenti parte dello strettissimo nucleo familiare.
Chiaro che ci troviamo in una fase di transizione. Il livello di emergenza pare essersi abbassato, ma siamo tutti con l’occhio puntato sui numeri del contagio nel timore di dover ritornare a breve giro al punto di partenza. Al contempo meditiamo e realizziamo, un passetto alla volta, la nostra piena “restituzione” al mondo.
Nelle case in queste settimane abbiamo vissuto momenti molto intensi. In alcune famiglie il nucleo si è stretto in maniera solidale, ha cercato di conferire alla quarantena una veste costruttiva e di attesa operosa. In altre le tensioni sono salite alle stelle, gli spazi si sono rivelati troppo angusti, le parole e i gesti troppo invasivi. Alcune, poi, hanno dovuto sopportare anche il peso economico della chiusura forzata: non dimentichiamo chi in questi giorni ha perso il lavoro, o ha dovuto interrompere in maniera traumatica attività avviate e fiorenti.
Insomma, le esperienze sono state certamente differenti ma tutte hanno avuto un tratto comune: il sottofondo di ansia e angoscia che la situazione imponeva. In alcuni momenti a lambirci il cuore è stato un sentimento di vero e proprio terrore.
La falange-famiglia si è chiusa a testuggine e ha posto nel cuore della formazione gli elementi più fragili: bambini, adolescenti e anziani. Ora che la testuggine si schiude, diventa difficile lasciarli andare. Ovvero, risulta impegnativo farlo senza caricare di paranoie e fobie l’uscita di questi ultimi allo scoperto.
Dobbiamo starci attenti, però. Proprio perché deputato alla transizione, questo è un momento delicatissimo e se non allentiamo un poco le difese, rischiamo di schiacciare i nostri protetti all’interno della falange stessa, che diventa un fatale meccanismo castrante.
Anche le relazioni affettive hanno assunto una connotazione diversa in queste settimane. Lo slancio protettivo è stato avvolgente. Ci siamo sentiti investiti da sentimenti diversi e anche contrastanti. Abbiamo filtrato e mediato, in alcuni casi “tradotto” ai nostri figli – nel vero senso della parola -, le notizie che provenivano dal mondo esterno e flagellato. In altri casi abbiamo cercato di trovare un senso a quel che ci stava investendo. Attorno al desiderio di custodire i nostri cari si è sviluppato un tepore rassicurante e anche difficile ora da abbandonare a cuor leggero. In un certo senso ci prepariamo a una nuova nascita, come se fossimo nuovamente partoriti ed espulsi dal rassicurante grembo materno.
Esattamente come al momento della nascita, quindi, dobbiamo trovare presto il coraggio di recidere di nuovo il cordone ombelicale. Si è parlato di “sindrome della capanna” nei giorni scorsi, cioè la difficoltà a lasciare l’ambiente confortevole della casa per avventurarsi tra i pericoli e le insidie che stanno oltre la soglia di essa. Assieme a questo stato d’animo, sarà il caso di tenere a bada anche quella sindrome che ci impedisce di accettare che i nostri figli siano individui separati da noi e quindi aspiranti alla libertà. Oggi anche (e soprattutto) libertà di uscire e affrontare un mondo decisamente cambiato e più rischioso.
Quel che occorre più che mai, oltre ai dispositivi necessari alla cura della propria salute e al rispetto delle regole, è la fiducia nei confronti del futuro. Il cambiamento è insito nella nostra natura di esseri umani, ci siamo evoluti cambiando e modificando il nostro stile di vita. La sfida attuale è complessa, ma i nostri ragazzi hanno diritto di tentarla.