Strumento di comunione, voce della nostra chiesa
L'invito del vescovo Claudio al settimanale diocesano in occasione dei suoi 110 anni: «Raccontate che è possibile ancora parlare di fraternità, di pace, di giustizia, di spiritualità, di fedeltà, di amore. Questo è lo sguardo profondo che la chiesa difende»
Mi ritrovo, ultimo arrivato, a rilanciare realtà che hanno una storia più lunga di tutti noi.
Rilanciare richiede tanta convinzione che nasce da uno sguardo retrospettivo e che ne rende possibile uno prospettico, orientato verso il futuro della nostra chiesa.
Mi sembra poco saggio, infatti, trascurare la storia e quegli elementi che l’hanno resa ricca e significativa. Pochi giorni fa – proprio su queste pagine – si è parlato ad esempio dell’Amplissimo Capitolo della Cattedrale, oggi desideriamo parlare del nostro settimanale diocesano la Difesa del popolo, e festeggiare il traguardo dei 110 anni, accompagnato anche da una rivisitazione grafica ed editoriale. Realtà diverse, certo, ma entrambe portano grandi testimonianze di vita ecclesiale vissuta.
Numero dopo numero siamo stati aiutati a leggere il contributo che la Difesa del popolo ha offerto alle nostre comunità parrocchiali, alle associazioni, al territorio: contributo di riflessione, di promozione di sensibilità sociali e culturali, talvolta anche politiche, di comunione nella chiesa tra le parrocchie e la diocesi e spesso tra la diocesi e il territorio.
Sono stati 110 anni di cambiamento radicale e sempre più veloce.
La Difesa ha accompagnato, come voce che richiamava all’unità, cristiani e comunità. In tanti hanno letto cercando di capire dove andava la chiesa, che cosa diceva o pensava, perché anche un giornale è servizio di comunione, una voce che può servire la comunione tra persone che vivono un territorio e che spesso sono unite dalla stessa fede cristiana.
Un giornale non sostituisce il ministero di comunione e unità affidato alle persone, in particolare ai presbiteri e ai diaconi (nessuno strumento sostituisce le persone almeno nella chiesa), ma non c’è comunione senza comunicazione e anche il settimanale può essere un ulteriore ponte tra la diocesi e la gente, il territorio, le comunità; un canale di incontro e di confronto. Occorre riconoscere, al di là dei nostri spiritualismi, che anche gli strumenti hanno la loro rilevanza proprio per quella legge dell’incarnazione richiamata dal Natale.
La comunione nella chiesa non può restare soltanto un sentimento, un’ispirazione: ha bisogno di strumenti, di storie, di tentativi. Per 110 anni la Difesa ha aiutato. Ora vogliamo rilanciarla per servire la comunione e l’unità per cui preghiamo ogni volta che celebriamo l’Eucaristia.
Il rilancio richiede una nuova assunzione di responsabilità da parte di tutti: proprio perché continui non solo la sua esistenza ma ancor più il suo servizio, che va valorizzato nelle nostre comunità e diffuso.
Tra l'altro è sempre evidente come non sia facile un'informazione corretta e come proprio le notizie siano punto di incontro e di amicizia, ma spesso anche di separazione. Soprattutto certi stili di dare informazione rischiano di vivere sulla esasperazione delle contrapposizioni, sulle urla tradotte in tipo e corpo di carattere, sulle scelte degli argomenti che attraggano l’attenzione. È possibile un'informazione che serve la verità e la comunione? Sembrerebbe di no, ma bisogna continuare a provarci e con la Difesa ci stiamo provando.
Con questi pensieri già ci siamo spostati dal passato, quando i giornali diocesani hanno svolto un grande e riconosciuto servizio: il nostro sguardo è orientato verso il futuro.
Quale chiesa può riconoscersi ne la Difesa del popolo e quale servizio può rendere la Difesa del popolo alla chiesa diocesana?
A queste domande fa da contesto una domanda più missionaria: quale servizio la nostra diocesi può rendere tramite uno strumento di informazione?
La chiesa che vogliamo costruire è quella che cerca di vivere in comunione con tutte le altre chiese del Triveneto, dell'Italia e dell’Europa e che si riconosce pienamente nel cammino tracciato da papa Francesco: una chiesa semplice e povera, serva e non signora, disponibile al dialogo e alla fraternità con tutte le persone che incontra nel suo cammino; una chiesa capace di testimoniare con la sua vita fraterna la gioia del vangelo: è questa gioia infatti che annuncia il vangelo e parla del Cristo.
Anche la Difesa può dare informazione dei tratti di questa chiesa, della sua gioia, del suo servizio, dei suoi sogni e ideali.
Può dire che è possibile ancora, anche in un nuovo contesto culturale, parlare di fraternità, di pace, di giustizia, di spiritualità, di fedeltà, di amore. Anzi la nostra chiesa, e bisogna raccontarlo e documentarlo, è difesa di questo sguardo profondo e vuole mantenere nel popolo di cui è parte la possibilità di credere il realizzarsi del regno di Dio.
Per noi, che viviamo su territori appartenenti a diverse province, può essere proprio importante lo strumento che ci ricordi l'appartenenza a una sola chiesa arricchita da tante diversità, ma “una” nella fede, nella testimonianza, nella carità.
Claudio Cipolla
vescovo di Padova