Scuola. Kaladich (Fidae): “Curare le ferite e procedere in cordata perché nessuno cada”
“Stiamo ripensando completamente la scuola; guai a tornare a quella pre-Covid. Occorrono nuovi modelli educativi; dobbiamo mettere i nostri ragazzi al centro e curarne le ferite". Ne è convinta la presidente nazionale Fidae, Virginia Kaladich. Il cammino sinodale? "Una sfida anche per noi". E intanto potrebbe essere vicina la completa attuazione della legge sulla parità
Una scuola rinnovata, diversa da quella pre-Covid, improntata alla collaborazione tra alunni, docenti e famiglie e aperta a paradigmi capaci di valorizzare l’esperienza e l’incontro con la realtà; una scuola all’interno della quale prendersi cura gli uni degli altri. Pensa a nuovi modelli educativi Virginia Kaladich, presidente nazionale della Fidae (Federazione istituti di attività educative) e preside del Polo educativo Sabinianum di Monselice (Pd). Dal 26 al 29 agosto si è tenuto a Gressoney e a Torino il Consiglio nazionale della Federazione e a breve si tornerà in classe.
Presidente, durante i lavori del Consiglio nazionale il tema del cammino sinodale è stato centrale come elemento che interpella la scuola e le prassi educative, ed è anche la parola chiave del manifesto approvato a conclusione dell’appuntamento.
Il cammino sinodale chiama in causa anche il mondo della scuola, sfidandolo a promuovere reali processi di partecipazione, ascolto, condivisione, corresponsabilità.
Un obiettivo che in quest’ultima fase sinodale diventerà sempre più per i nostri istituti un’importante pista di lavoro per camminare “sinodalmente” a servizio dell’educazione.
Corresponsabilità: se ne è parlato molto. Perché?
Perché interpella la responsabilità di ognuno di noi. Nel nostro agire educativo dobbiamo esprimere amorevolezza e autorevolezza al tempo stesso, creare occasioni di corresponsabilità e, per quanto possibile, coinvolgere in questi processi anche i ragazzi. Ma per questo occorre essere adulti responsabili, autorevoli, capaci di entrare in dialogo creando autentica corresponsabilità.
Lei sottolinea la necessità di una scuola diversa da quella del periodo antecedente al Covid, in grado di curare le ferite di tutti.
Nel post-pandemia non dobbiamo correre il rischio di rispolverare vecchi modelli, come purtroppo in alcuni casi si sta facendo, ma capire che abbiamo di fronte un’umanità diversa. Ragazzi e adulti portano ferite che vanno curate, e nel curarsi vicendevolmente dobbiamo imparare a prenderci realmente cura dei nostri ragazzi. La scuola nuova non deve essere solo annunciata ma, di fatto, realizzata. L’apatia di molti alunni ci deve interpellare, così come il loro non riconoscere l’autorevolezza degli adulti, anche degli insegnanti.
Occorre mettersi in discussione, interpretare gli avvenimenti e interrogarsi su che cosa modificare nel nostro agire educativo.
Come ha ammonito Papa Francesco in piena pandemia, non dobbiamo sciupare l’opportunità offerta da questa inedita situazione.
Quando parla di “ferite”, a che cosa allude in particolare?
Soprattutto alle ferite relazionali. Da un lato molti ragazzi fanno fatica ad accettare il quotidiano e sviluppano forme di conflittualità con le figure adulte ed anche con i docenti; dall’altro vi sono insegnanti che non sanno “leggere” queste sofferenze. I nostri allievi hanno bisogno, anzi “si meritano”, come scriviamo nel manifesto, educatori adulti, capaci di fuggire da quella condizione di “adolescenza prolungata” oggi così diffusa; adulti credibili, pronti a conversione, a rivedere i propri stili di vita, ad affrontare responsabilmente le nuove sfide, capaci di instaurare relazioni in grado di sanare la conflittualità che emerge in particolare nella scuola secondaria. Un disagio sfociato in alcuni casi in gesti estremi come quelli riportati di recente dalla cronaca, che probabilmente nascono da un’incapacità di vero ascolto e accompagnamento. Non possiamo sottovalutare la gravità di azioni come le aggressioni agli insegnanti, ma neppure limitarci a giudicare e condannare.
I comportamenti “devianti” dei giovani d’oggi nascondono spesso un grido d’aiuto che va ascoltato e al quale occorre dare risposta.
Avvieremo dei percorsi per aiutare i docenti in questo compito.
Nel messaggio che vi ha inviato, il ministro Valditara ha sottolineato il valore dell’azione formativa delle scuole paritarie ed ha assicurato “particolare attenzione alla più autentica attuazione delle norme che regolano la parità scolastica”. Quest’ultima appare dunque un obiettivo raggiungibile a breve, come anche l’equiparazione dei docenti?
Per quanto riguarda gli insegnanti, c’è stato un importante passaggio a luglio, quando è stata finalmente riconosciuta la professionalità maturata dai docenti negli anni di servizio svolti anche nelle nostre scuole ai fini dell’acquisizione del titolo abilitante rilasciato dalle Università previsto dal Dl 36/2022, mettendo così fine ad una lunga attesa e superando una annosa discriminazione. In questo modo anch’essi potranno essere stabilizzati con contratti a tempo indeterminato nelle scuole dove lavorano, potendo così garantire continuità didattica ai loro studenti. Per l’altro aspetto stiamo dialogando con il Governo e si intravedono interessanti spiragli. Nelle richieste all’Esecutivo non siamo battitori liberi: le nostre associazioni si stanno muovendo con la Cei e con il Consiglio nazionale della scuola cattolica.
Dopo gli ultimi tragici episodi, con l’avvio dell’anno scolastico dovrebbe partire negli istituti di secondo grado il progetto contro la violenza di genere voluto da Valditara: lezioni di “educazione alla sessualità” da intendere come corsi di formazione specifica sulla parità di genere, le cui linee guida saranno presto comunicate ai dirigenti scolastici.
Noi abbiamo avviato già da tempo percorsi miranti alla parità di genere. Siamo comunque in attesa delle linee guida ministeriali per capire quale possa essere la strada più attenta e rispettosa della nostra identità. Ma questo è un compito che coinvolge tutti, nessuno escluso. A partire dalla famiglia dove il rispetto nei confronti della donna, l’educazione ai sentimenti e alle emozioni si dovrebbero respirare fin dai primissimi anni di vita.
Alla vigilia dell’apertura dell’anno scolastico quali sono le principali sfide che attendono le scuole cattoliche?
L’attenzione ai nostri allievi in questa nuova situazione, la creazione di percorsi formativi attenti alle loro esigenze, l’impegno ad essere per loro guide esperte che infondano fiducia e li accompagnino a scoprire il senso dell’esistenza nell’agire secondo la vita buona del Vangelo. Dobbiamo realmente metterci in cammino con i ragazzi.