Ritratto della malinconia. Dal 56° Rapporto Censis al pensiero di Romano Guardini
“La società italiana indulge alla malinconia” si legge nel 56° rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese.
“La società italiana indulge alla malinconia” si legge nel 56° rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese. L’affermazione è supportata da un preoccupante insieme di dati sociologici ed economici nonché da un quadro internazionale a tinte fosche. I commenti pro o contro l’analisi e le prospettive si sono susseguiti con intensità, stimolati anche dal linguaggio del Centro di ricerca.
“I grandi eventi della storia hanno fatto irruzione nelle microstorie delle vite individuali: il 61% degli italiani teme che possa scoppiare il terzo conflitto mondiale, il 59% il ricorso alla bomba atomica, il 58% che l’Italia entri in guerra. Con l’ingresso in una nuova età dei rischi emerge una rinnovata domanda di prospettive di benessere e si levano autentiche istanze di equità non più liquidabili come populiste. Quella del 2022 è un’Italia sull’orlo di una crisi di nervi…”.
Su questo paesaggio si stende ad avviso del Censis anche nel nostro Paese il velo della malinconia.
Un velo che i media puntualmente intercettano e documentano con le loro notizie e che qualche volta cercano di rompere. Ad esempio, con il racconto dei campionati mondiali di calcio in corso in Barein. Anche in questo spettacolo si vede la sfida tra le ombre e le luci, lo scontro tra l’apparenza e la realtà è palese. La notizia delle critiche condizioni di salute di un campione come Pelè rende silenziosa per qualche minuto la cattedrale del pallone costruita nel deserto.
Il pensiero sulla malinconia si spinge però oltre i dati di una ricerca sociale e di un inquieto e inquietante panorama geopolitico. C’è qualcosa di diverso, qualcosa di controcorrente, qualcosa di positivo da cercare e da scoprire?
C’è uno spunto offerto dal sacerdote e teologo Romano Guardini (1885-1968) che può arginare una lettura negativa e opprimente della melanconia.
“Proprio l’uomo malinconico – si legge in “Ritratto della malinconia” – è più profondamente in rapporto con la pienezza dell’esistenza. Splendono chiari in lui i colori del mondo; a lui risuona con dolcezza più intima la musica interiore (…). Dall’essere del malinconico sbocca e trabocca a fiotti la vita; a lui come a nessuno è dato di sperimentare la sfrenatezza dell’intera esistenza. Sempre, io credo, connessa con la bontà. Connessa con il desiderio che la vita si svolga secondo la bontà e la gentilezza e sia benefica per gli altri”.
La malinconia non è dunque una ritirata, una sconfitta, una rassegnazione, una crisi di nervi. Dai grandi maestri del pensare e del vivere viene un messaggio di fiducia e di speranza. Viene un’eredità che non si dissolve con il passare del tempo.