Riforma dello sport, Uisp a Spadafora: “Obiettivo primario, non sprechiamo l’occasione”
In una lettera del presidente nazionale Uisp, Vincenzo Manco, al ministro dello Sport le prime considerazioni sulla bozza di “Testo unico sullo sport” diffusa nei giorni scorsi. “Non convince l'idea di governance complessiva del sistema sportivo”
Nei giorni scorsi il ministro per lo sport Vincenzo Spadafora ha distribuito la bozza del Decreto delegato previsto dalla Legge 86/2019, ormai meglio noto come “Testo Unico sullo Sport”. Sull’argomento, il presidente nazionale Uisp, Vincenzo Manco, ha inviato oggi una lettera allo stesso ministro Spadafora, sottolineando gli aspetti condivisibili ed evidenziando quelli meno convincenti.
Scrive Manco: “Da quando in tempi recenti si è cominciato a parlare di una riforma dello sport, come Lei ben sa, la Uisp ha manifestato particolare attenzione ed ha anche auspicato che la si predisponesse per giungere finalmente ad un'idea moderna non solo del sistema sportivo bensì di una cultura sportiva che fosse in grado di raccogliere, riconoscere e valorizzare le forme di attività motoria e sportiva che si sono modificate, contaminate, evolute ed affermate nel tempo. La nostra storia associativa affonda le radici nello sport popolare, per tutte e tutti, quello a misura di ciascuno, che guarda alla libertà espressiva del corpo in tutte le sue forme, disciplinari e non codificate, competitive e non. Nel cuore della nostra mission abbiamo sempre messo al centro l'emancipazione di ogni persona, la libertà della stessa nell'ottenere l'affermazione dei propri diritti, attraverso l'esperienza collettiva, sociale della pratica sportiva e motoria. Riformare, pertanto, il sistema sportivo oggi per noi vuol dire porsi innanzitutto una domanda molto chiara: da quale parte si vuole stare, da quella dei privilegi o delle libertà e dei diritti? Ciò rappresenta per noi lo spartiacque dal quale partire per dare un primo giudizio sulla bozza di testo unico per la riforma del sistema sportivo”.
“Come sempre facciamo – continua il presidente Uisp -, non c'è un approccio ideologico nella nostra valutazione. Bene quindi gli interventi previsti sul limite dei mandati, sulle incompatibilità, sul riconoscimento del professionismo sportivo alle donne, sull'intenzione di prevedere tutele al lavoratore sportivo. Ma ciò che dovrebbe rappresentare uno dei cardini della legge delega, ovvero l'idea di governance complessiva del sistema sportivo, non convince”.
“Vediamo in quell'impianto – precisa Vincenzo Manco -, di fatto, un rischio di ‘restaurazione’ del ruolo centrale ed esclusivo del Comitato Olimpico, presso il quale è previsto ancora il riconoscimento ai fini sportivi attraverso la gestione del Registro nazionale. Il Coni deve avere un inquadramento ben preciso per la preparazione olimpica e di alta prestazione, garantendo un'autonomia in tal senso, anche rispetto alla pianta organica, ma che non deve essere una sorta di extraterritorialità rispetto all'intero corpo legislativo della Repubblica”.
“Gli Enti di Promozione sportiva non farebbero più parte del Consiglio Nazionale del Coni, e la cosa potrebbe anche essere condivisibile, ma vengono lasciati ‘in mezzo al guado’ considerando una serie di norme che li riguardano, le quali avrebbero bisogno di un più chiaro equilibrio e di una collocazione in forma più organica. Con i necessari interventi che da anni come Uisp chiediamo, circa la trasparenza dei dati relativi alla consistenza dei tesserati, alle attività sportive organizzate, alle attività formative e didattiche, all'uso strumentale di associazioni di secondo livello assolutamente vietate dalle norme”.
“Per ciò che riguarda i soggetti – continua Manco -, la legge delega afferma il riconoscimento del carattere sociale e preventivo-sanitario dell’attività sportiva, quale strumento di miglioramento della qualità della vita. Necessario allora diventa ridefinire gli ambiti di attività del Coni e degli organismi sportivi, affinché non siano le Federazioni sportive nazionali e le Discipline sportive associate a stabilire i vincoli all’attività organizzata dagli Enti di Promozione sportiva e all’attività sportiva di base, non permettendo, di fatto, il libero esercizio dell'attività sportiva. Non può mancare nel Testo Unico il riconoscimento dell’attività svolta con modalità competitive che, da sempre, rappresenta l’espressione più genuina della pratica sportiva del nostro Paese”.
Manco aggiunge dei suggerimenti: “Nel Codice del Terzo Settore è previsto il Consiglio Nazionale del Terzo Settore, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, con funzioni di promozione e sostegno del Terzo Settore. La stessa cosa si potrebbe ipotizzare per valorizzare tutta la grande esperienza sociale della promozione sportiva, discutiamone la composizione. Favorire una buona governance dello sport con il coinvolgimento degli attori istituzionali e sportivi interessati vuol dire prevedere un quadro normativo nel quale anche l'organizzazione sportiva, pur nelle sue specificità, deve soddisfare le prescrizioni della legislazione dell'Unione Europea in materia di diritti fondamentali e di concorrenza, di divieto di discriminazione”.
Ed ancora: “Non c'è un intervento chiaro e in controtendenza rispetto al superamento delle disuguaglianze nel trattamento delle risorse pubbliche. Coni, Federazioni e Discipline associate ricevono direttamente da Sport e Salute SpA e indirettamente dallo Stato risorse ingenti rispetto agli Enti di Promozione sportiva e in rapporto al numero dei tesserati; hanno maggiori opportunità per intercettare sponsor, usufruiscono del supporto e del lavoro di dipendenti pubblici nel proprio organico. Vanno superate le disparità per garantire un riequilibrio tra i diversi organismi sportivi”.
“Il Governo è intervenuto nella fase emergenziale con misure di sostegno al reddito e sono stati riconosciuti come destinatari delle stesse anche i collaboratori sportivi. Un provvedimento che abbiamo apprezzato perché fa emergere dal precariato gli invisibili dello sport. A maggior ragione si richiede un intervento legislativo che possa riconoscere il lavoro di istruttori, tecnici, allenatori, addetti alla gestione degli impianti sportivi, dirigenti di associazioni e società sportive che svolgono funzioni e mansioni che sono in attesa di un riconoscimento del proprio lavoro e delle proprie competenze. Considerando il fatto che tali attività hanno richiesto nel tempo una costante formazione e qualificazione poco riconosciute e tutelate”.
“Diventa allora evidente – conclude il presidente Uisp - che i costi maggiori per la tutela previdenziale ed assistenziale nonché la misura della contribuzione non possono ricadere sull’associazionismo né tantomeno sui lavoratori sportivi considerando che, in assenza di legislazione specifica, non c’è ad oggi alcuna sostenibilità del sistema in tal senso. Il tema pertanto va affrontato con un approccio assolutamente graduale rispetto all'eventuale inquadramento. Tutto questo porta ad un confronto che auspichiamo si possa aprire con il Governo e con il Parlamento al fine di migliorare il testo e che sicuramente avrà bisogno di tempi adeguati”.