Reddito di cittadinanza: Da Ros (Società San Vincenzo De Paoli), “non crediamo in assistenzialismo ma cogliere bisogni oggettivi e sostegno”
“169.000 famiglie hanno ricevuto via sms la comunicazione della fine del reddito di cittadinanza, una misura introdotta il 1° aprile 2019 con la finalità di accompagnare al lavoro (finalità mai decollata veramente), che ha sostenuto in pieno periodo Covid l’Italia. I destinatari che ne hanno usufruito facevano fatica ad arrivare alla fine del mese o dovendo ricorrere a forme di lavoro irregolare, non avevano la possibilità di avvalersi di quelle agevolazioni statali pensate per chi un lavoro ufficiale lo aveva, una misura che ha attecchito più nelle regioni del sud che del nord”.
Lo ricorda, oggi in una nota, Paola Da Ros, presidente della Federazione nazionale italiana Società di San Vincenzo De Paoli Odv. “Ma – prosegue – giusta o sbagliata che fosse, temiamo che il taglio netto del reddito di cittadinanza, adottato su base statistica (chi ha meno di 60 anni, chi non ha minori, chi non ha disabili, e comunque fino al 31 dicembre 2023 quando anche a coloro che lo hanno ricevuto verrà tolto e verrà dato l’assegno di inclusione) e in un mese dove notoriamente la macchina amministrativa italiana si ferma, possa esporre le categorie di persone fragili, borderline, malate, alla povertà assoluta, all’emarginazione, al conflitto sociale più o meno fomentato”.
Ed “è per questo che invitiamo, prima di tutto noi vincenziani, poi tutti coloro che a vario titolo operano negli enti del Terzo settore e infine la pubblica amministrazione ad entrare veramente dentro la povertà, perché non crediamo nell’assistenzialismo ma pensiamo che per rimuovere le cause del bisogno sia necessario conoscerle nel dettaglio, individualmente, e quindi farsi prossimi al fine di cogliere, al di là del pudore, il bisogno oggettivo e attivare rapidamente strumenti necessari di sostegno e/o di accompagnamento al rientro effettivo ed indipendente nella società civile”.