Pane. Enzo Bianchi: “Va condiviso e crea comunione” ma “per la maggior parte dell’umanità rimane ancora un sogno”
"Non esiste un pane mio o un pane tuo: il pane si condivide e crea comunione"; ha un ruolo decisivo all’interno delle nostre relazioni e "apre sentieri di comprensione della vita". Eppure, per la maggior parte dell'umanità rimane ancora "il sogno da raggiungere". Oggi, Giornata mondiale del pane, parla il fondatore della Comunità monastica di Bose
Sapienza, passione, condivisione, cultura, fede. Tutto questo si intreccia nella storia del pane che affonda le sue radici all’inizio della vicenda umana. Ricorre oggi la Giornata mondiale del pane: alimento base per molte popolazioni, ma anche simbolo di vita e cibo sacro per diverse culture e religioni. Abbiamo raggiunto telefonicamente Enzo Bianchi, fondatore della Comunità monastica di Bose, uomo di profonda spiritualità e fortemente legato alla terra, ai suoi colori, ai suoi profumi e ai suoi frutti. “Con il pane – esordisce – noi evochiamo la storia dell’umanizzazione, che è avvenuta a tavola, ma soprattutto nel nostro bacino mediterraneo è avvenuta attraverso il pane, uno degli alimenti più antichi da quando, 12/13mila anni fa, nell’incontro di natura e saperi, attraverso la lievitazione si è iniziato a trasformare il grano in un cibo più buono, più digeribile e molto nutriente. Da allora, molto più che alimento, il pane ha cominciato a caricarsi di una ricchissima valenza simbolica con la quale ha attraversato i secoli.
Il pane indica anzitutto ‘il bisogno’, ciò che è necessario per vivere.
Nel linguaggio comune diciamo che si lavora per guadagnarsi il pane, che senza pane non si può vivere; il pane diventa davvero il simbolo della necessità. Allo stesso modo, sempre all’interno di questa nostra area culturale, simbolo della gratuità, assolutamente non necessario ma con un profondo significato, è il vino”. “Pane è la necessità, vino è la gratuità”, scandisce Bianchi aggiungendo, con uno sguardo sull’attualità: “I poveri sono sempre alla sua ricerca. Non è il pane che corre verso di loro; sono loro che corrono dove c’è il pane come ci mostrano ogni giorno i migranti che arrivano verso le nostre terre sazie”.
Ma il pane “ha un posto centrale anche per il suo valore simbolico. L’Eucaristia, questo mistero al centro della vita cristiana, proprio attraverso il pane e il vino offre un magistero vero e proprio. Inoltre non esiste un pane mio o un pane tuo: il pane si condivide e crea comunione.
Tutti ne sono destinatari; non a caso nel nostro linguaggio, ‘compagno’ è colui che mangia il pane con me. Il pane va spezzato come l’Eucaristia, cioè condiviso; ha un ruolo decisivo all’interno delle nostre relazioni, apre sentieri di comprensione della vita e della nostra umanità.
Gli uomini ne hanno sempre avuto un profondo rispetto anche se oggi, purtroppo, se ne fa uno spreco vergognoso. La mia generazione nutriva per il pane una sorta di venerazione: se ne cadeva un pezzo per terra ci si sentiva quasi in peccato. E le briciole non venivano mai gettate, ma lasciate sul davanzale per gli uccellini. Oggi viviamo in una tale abbondanza che non ne comprendiamo più il valore, ma non dobbiamo dimenticare che per la maggior parte dell’umanità rimane ancora il sogno da raggiungere”.