Omotransfobia. Di Nicola: “Troppa fretta, serve supplemento di responsabilità”
"Perché non introdurre, accanto al divieto di discriminazione verso gli omo e transessuali, anche il divieto di discriminazione verso chi pensa, ad esempio, che la famiglia è fondata sul matrimonio e che le unioni tra lo stesso sesso non sono sinonimo di famiglia?". A lanciare la provocazione è la sociologa Giulia Paola Di Nicola, che analizza per il Sir il ddl Zan sulla omotransfobia, in arrivo in Aula il 27 luglio. "Quello che mi colpisce è la fretta di questo iter. C'è da chiedersi se questa urgenza derivi davvero da un'esigenza che è nel cuore della gente o sia dettata dalle ideologie"
Arriverà in Aula il 27 luglio la proposta di legge contro l’omotransfobia, il cui testo base ora è all’esame della Commissione Giustizia della Camera. A stabilirlo è stata il 2 luglio la conferenza dei capigruppo che di fatto ha voluto dare un’accelerazione all’iter del ddl Zan, che interviene sugli articoli 604 bis e ter del codice penale con cui viene punita la propaganda, la discriminazione e la violenza “per motivi razziali, etnici o religiosi”, estendendo anche a quelli “fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”. A mettere in guardia dalla “troppa fretta” in una materia così complessa e delicata è la sociologa Giulia Paola Di Nicola, che chiede “un supplemento di responsabilità” su una legge di cui “la gente non avverte l’urgenza”.
La nostra Costituzione condanna già ogni tipo di discriminazione, sanzionata anche dal codice penale. Cosa c’è dietro il ddl Zan?
Quello che mi colpisce è innanzitutto la fretta di questo iter.
Nella situazione attuale, che non possiamo ancora definire completamente post-pandemia, con i problemi economici e sociali che tutto ciò comporta – primo tra tutti il dramma della perdita dei posti di lavoro – non mi sembra che la questione dell’omotransfobia possa essere considerata una priorità fondamentale.
C’è da chiedersi se questa urgenza derivi davvero da un’esigenza che è nel cuore della gente, oppure sia dettata dalle ideologie.
Più si ha fretta, inoltre, e meno c’è il tempo di prendersi cura dei dettagli, che in questioni come queste sono importanti se non decisive: usare un termine piuttosto che un altro può fare la differenza. Per quanto mi risulta, infine,
questa proposta di legge non corrisponde al sentire comune della gente: basta ascoltare i genitori che hanno i figli a scuola.
Al contrario, per gli estensori del ddl sull’omotransfobbia questa urgenza è un dato che si dà per scontato.
“Sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere”: è l’ennesimo tentativo di affermazione dell’ideologia del gender?
La cultura relativista contemporanea mette in questione l’identità di genere: se la differenza sessuale non ha alcun valore oggettivo, ogni individuo può stabilire a piacimento la propria identità sessuale nel dichiararla alla pubblica amministrazione. L’orientamento sessuale sarebbe una variabile dipendente dai gusti soggettivi, dai contesti, dalle necessità. Su questa linea si colloca anche la proposte di legge contro l’omotransfobia, che vorrebbe tacciare di oscurantismo – e perseguire forse penalmente – eventuali pronunciamenti considerati discriminanti per gli omo e transessuali da parte di chi non riesce proprio a disgiungere l’orientamento sessuale dalla conformazione fisiologica della persona. Glissando sui termini genere (gender) e orientamento sessuale (sexual orientation) si promuove il principio della “neutralità della crescita” nella educazione di bambini e bambine. in altri termini, si nega l’esistenza dei due generi nella loro naturale connotazione, come se il corpo e la natura non esercitassero alcun condizionamento sul nostro modo di essere persone.
In che modo la proposta di legge sulla omotransfobia rispecchia questa tendenza?
Troppo spesso si passa dal rispetto, sacrosanto, delle minoranze alla loro esaltazione e infine alla ghettizzazione delle maggioranze. Se davvero il tema è quello di evitare discriminazioni, allora perché non dovrebbe valere a 360 gradi?
Perché non introdurre, accanto al divieto di discriminazione verso gli omo e transessuali, anche il divieto di discriminazione verso chi pensa, ad esempio, che la famiglia è fondata sul matrimonio e che le unioni tra lo stesso sesso non sono sinonimo di famiglia?
Qualora, nel dispositivo di legge, si allargasse l’orizzonte in questo modo, sarebbe la dimostrazione che non si tratta di una legge ideologica. L’impressione, invece – che speriamo sia smentita – è che si tenti di imporre per legge un pensiero unico. Le lobby, i poteri forti arrivano, in altre parole, ad affermare una discriminazione al contrario: molto spesso, infatti, le persone omosessuali ricevono maggiore attenzione e riconoscimento dalle istituzioni, mentre chi non la pensa come loro viene stigmatizzato, come dimostra il caso recente di J.K. Rowling.
Quali sono le conseguenze?
Si è lottato tanto, e in senso positivo, per il superamento degli stereotipi rigidi tra uomo e donna.
Oggi, però, siamo di fronte ad una contraddizione paradossale: l’annullamento delle differenze.
In un momento della storia come questo, in cui – anche a causa della pandemia in corso – si torna a parlare di rispetto per la natura e per l’ecosistema, con la sua biodiversità, bisognerebbe chiedersi perché rivendichiamo l’ecologia dell’ambiente solo quando si tratta della natura da proteggere, delle specie in estinzione, dell’inquinamento, mentre ci facciamo paladini di una libertà astratta quando si tratta del nostro corpo. In realtà i fautori dell’unisex, transex, omosex, intaccando l’originaria e originale differenza della natura colpiscono il cuore dell’antropologia relazionale: l’identità originaria maschiofemmina, che si ritrova in tutti i racconti delle origini, come pure nella Bibbia.