Nota politica. Magistratura, pilastro che scricchiola
Non ci sono riforme che tengano, se poi i singoli non si assumono le loro personali responsabilità, ciascuno al proprio livello.
Il Paese ha bisogno di una magistratura sana ed equilibrata, a cui i cittadini possano guardare con fiducia. E’ un bisogno radicato nell’essenza stessa del nostro sistema democratico, così come disegnato dalla Costituzione, secondo cui “i giudici sono soggetti soltanto alla legge” (art. 101) e “la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere” (art. 104). Ma è un bisogno che diventa ancora più impellente in una fase in cui la società italiana è stata ed è duramente provata e le conseguenze della pandemia – arginata grazie a un’impresa comune che si può senza retorica definire epica – si fanno sentire pesantemente sul tessuto sociale. Mentre c’è chi tenta irresponsabilmente di cavalcare il disagio, non solo economico, di tanti italiani, è necessario che i pilastri della nostra democrazia rappresentino dei punti di riferimento chiari, solidi, riconoscibili. E la magistratura è senza dubbio uno di questi pilastri.
A fronte di questa situazione, hanno provocato un diffuso sconcerto i contenuti di alcune intercettazioni emerse dalle carte depositate dalla procura di Perugia (quella competente per le questioni relative ai magistrati di Roma), a conclusione delle indagini compiute sulle vicende che fin dalla scorsa estate avevano investito in modo dirompente il mondo giudiziario e in particolare il Consiglio superiore della magistratura. Già allora, intervenendo all’assemblea plenaria del Csm di cui è il presidente, il Capo dello Stato aveva usato parole di dura condanna per “la degenerazione del sistema correntizio e l’inammissibile commistione fra politici e magistrati”, come ha ricordato nei giorni scorsi una nota dell’ufficio stampa del Quirinale. Da allora di sono registrate le dimissioni di cinque membri del Csm e dell’allora procuratore generale presso la Cassazione, mentre la procura perugina ha portato avanti e concluso le sue indagini. Segno che nel sistema non mancano gli anticorpi attivi la cui forza risiede, in ultima analisi, nella tenuta della stragrande maggioranza dei magistrati. Ma i nuovi elementi emersi dalle carte dell’indagine hanno rinfocolato la polemica politico-giornalistica e rinnovato lo sconcerto dell’opinione pubblica. Tanto più grave se si considera che sono in corso procedimenti che riguardano esponenti politici di primo piano e si stanno svolgendo inchieste molto delicate su alcuni complessi profili della gestione dell’emergenza. Ambiti che richiederebbero un sovrappiù di serenità di valutazione e di giudizio.
La via di una riforma del sistema di elezione dei magistrati nel Csm, per contrastare la degenerazione correntizia dei meccanismi di rappresentanza, è stata finalmente messa all’ordine del giorno, ma il suo percorso non sarà facile per la pessima abitudine di certa politica di esaltare l’azione dei magistrati quando essa sembra avere ricadute positive per la propria parte e di criticarla aspramente, talvolta fino alla delegittimazione, nel caso contrario. Il Quirinale è tornato a incoraggiare questa iniziativa legislativa, che ovviamente attiene alle responsabilità specifiche delle forze presenti in Parlamento, ma nella nota già citata è stato ripreso quasi alla lettera anche quel richiamo al “fondamentale e decisivo piano dei comportamenti individuali” che il Capo dello Stato aveva espresso già del discorso al Csm di un anno fa. Non ci sono riforme che tengano, se poi i singoli non si assumono le loro personali responsabilità, ciascuno al proprio livello. A provocare disorientamento tra i cittadini, infatti, non sono soltanto le trame per pilotare le nomine a qualche importante ufficio giudiziario, ma anche quei pm che anticipano pubblicamente il giudizio su indagini ancora in corso o quelle toghe che dichiarano di ritenere un errore aspettare le sentenze.