Nota politica. Dopo l'attacco al Congresso, attenti al populismo
In un momento in cui i sistemi democratici sono esposti a tensioni fortissime a causa della pandemia, quanto è avvenuto negli Usa suona come un avvertimento che sarebbe irresponsabile non cogliere.
I fatti drammatici che hanno investito le istituzioni degli Stati Uniti d’America hanno svelato la natura intrinsecamente anti-democratica e violenta del populismo sovranista. Bisogna dirlo chiaramente perché anche al di qua dell’Atlantico, e particolarmente in casa nostra, nel mondo politico c’è stata e c’è troppa ambiguità su questo punto cruciale. In un momento in cui i sistemi democratici sono esposti a tensioni fortissime a causa della pandemia, quanto è avvenuto negli Usa suona come un avvertimento che sarebbe irresponsabile non cogliere. Tornano alla mente le riflessioni di Sturzo che nel 1924 – in una fase storica che molto più del secondo dopoguerra rivela analogie con quella attuale – descriveva “il duello tra democrazia e nazionalismo”. Duello che è costato all’umanità un prezzo immane e che la democrazia fortunatamente ha vinto ma solo in modo parziale, se consideriamo la situazione dei regimi politici a livello planetario. Duello che si ripresenta anche oggi, nelle forme inedite che il percorso della storia consegna ai contemporanei.
Non è casuale che gli schieramenti che in Italia si sono creati intorno al giudizio sulla presidenza Trump (e sul suo coerente epilogo) coincidano in buona misura con quelli che si registrano nei rapporti con la Ue. Ennesima conferma di come la questione europea sia ormai una discriminante decisiva per la collocazione dei partiti e le alleanze di governo, non soltanto a motivo delle macroscopiche implicazioni economiche e geopolitiche, ma anche per la stessa visione della democrazia. C’è poi un’ulteriore linea di frattura che si sovrappone in larga parte alle due precedenti (gli Usa e l’Europa) e riguarda l’atteggiamento nei confronti della pandemia. Non è casuale neanche in questo caso che i due maggiori leader sovranpopulisti a livello internazionale (Trump e Bolsonaro, ma purtroppo anche il primo Boris Johnson) abbiano adottato posizioni sostanzialmente negazioniste e pseudo-libertarie e che in Italia le aree politiche a loro ideologicamente più vicine abbiano spesso oscillato sul confine, talora superandolo ostentatamente.
Anche la deriva irrazional-complottistica che è alla base di questi fenomeni è tutt’altro che una novità assoluta (basti pensare a nazismo e fascismo e alle fatali trame giudo-pluto-massoniche), come non lo è la retorica del superuomo, dagli abissi filosofici di Nietzsche alla volgarizzazione machista di Bolsonaro (“Smettiamola di fare le femminucce”, ha dichiarato a proposito del Covid). La novità è che attraverso l’uso spregiudicato e massivo dei social media queste tossine hanno raggiunto un livello di pervasività mai visto prima. Ben oltre i circuiti minoritari di gruppuscoli paranoici. E quando si avvelenano i pozzi – come si suol dire – la bonifica diventa estremamente lunga e difficile. Occorre l’impegno di tutti, ma i leader politici hanno una responsabilità primaria in questa opera. Sempre che intendano contribuire ad essa rinunciando alla tentazione di cavalcare le pulsioni più distruttive. Per tornare a Sturzo, vale quanto si legge nell’appello ai liberi e forti: “E’ imprescindibile dovere di sane democrazie e di governi popolari trovare il reale equilibrio dei diritti nazionali con i supremi interessi internazionali e le perenni ragioni del pacifico progresso della società”.