Mettere al centro le persone che lavorano. Una riflessione a partire dalla nota Istat sull'occupazione che mostra le conseguenze del lockdown
Purtroppo, come era facile prevedere, sono i più vulnerabili a pagare i costi più alti del blocco delle attività economiche
I dati di aprile 2020 sull’andamento del mercato del lavoro, prodotti dall’Istat, ci mostrano alcuni dei soggetti sociali più colpiti degli effetti del lockdown che ha interrotto molte attività produttive del Paese. Sono stati 300mila gli occupati in meno nel mese, una forte contrazione, che ha colpito in maggior misura le lavoratrici rispetto ai lavoratori, le persone con contratti a tempo, i giovani tra i 25 e i 34 anni.
Contemporaneamente il mese di aprile ha visto diminuire anche il numero dei disoccupati: quasi 500mila persone. Durante il periodo di lockdown, molti dei lavoratori che hanno perso il lavoro – ai quali si è aggiunta una parte di quelli che ne cercavano uno – sono transitati direttamente tra le file della popolazione inattiva, che cresce del 2% raggiungendo il 38% del totale. D’altronde, quando tutto rimane chiuso diventa difficile mettersi alla ricerca di una nuova occupazione.
La rilevazione dell’Istat segnala anche un’altra indicazione: la diminuzione delle ore lavorate. I dipendenti, infatti, hanno lavorato dieci ore in meno a settimana ad aprile 2020 rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Quindi non solo è calato il numero degli occupati, ma molte persone hanno lavorato meno.
E purtroppo, come era facile prevedere, sono i più vulnerabili a pagare i costi più alti del blocco delle attività economiche: i low skill, i lavoratori instabili, le donne e i giovani. Gli effetti indiretti della pandemia molto probabilmente accelereranno il processo di trasformazione del mondo della produzione già in atto su scala globale. Maggiore tecnologia, richiesta di know-how che sappia integrarle nei lavori esistenti, trasformazione di alcune professioni e scomparsa di altre. I pericoli sociali sono diversi per le persone che rimaranno escluse e sempre più invisibili.
“Declassamento, emarginazione e mancanza di lavoro marginalizzano le persone al punto di cancellarle, escludendole da tutte le forme di partecipazione; il lavoratore subordinato, il precario, l’escluso, il disoccupato, la vedova, l’orfano, il rifugiato, il senzatetto, il paziente diventano così sempre meno udibili, sempre meno visibili” scrive Gaël Giraud su La Civiltà Cattolica in un articolo che mette a tema l’urgenza di un discernimento collettivo per “Una retribuzione universale”, proposta lanciata da Papa Francesco ne “La lettera ai movimenti popolari” pubblicata a Pasqua. Il tema è globale e richiede risposte complesse che hanno bisogno di coinvolgere tutti. A partire proprio dagli esclusi.