Metterci la faccia. Un atto di responsabilità messo a rischio nell’on line
Il rischio di un’appropriazione di foto facciali a scopo commerciale esiste da tempo anche in Italia
“Dobbiamo essere consapevoli che ogni volta che pubblichiamo una foto on line ci sono aziende che la fanno propria. Il vero problema poi non è solo con le foto che pubblichiamo noi, basterebbe non pubblicarne più. Il problema è con le foto che pubblicano gli altri e noi neanche lo sappiamo, o foto in cui noi siamo sullo sfondo o partecipiamo a un evento pubblico, un concerto, un comizio, ma anche un ristorante”.
Così Khasmir Hill giornalista del New York Times, autrice di una inchiesta sulle tecnologie del riconoscimento facciale nonché del libro “La tua faccia ci appartiene” presentato il 6 febbraio all’Università Cattolica di Milano.
Il rischio di un’appropriazione di foto facciali a scopo commerciale esiste da tempo anche in Italia e le autorità competenti invano hanno multato e chiesto alle aziende responsabili, che hanno sede all’estero, di cancellare immagini e informazioni.
L’irruzione tecnologica nel campo della riservatezza, afferma Khasmir Hill, porta a rimodellare il modo di relazionarsi. Il riconoscimento facciale, certamente utile alla autorità di pubblica sicurezza, giustifica la difesa della propria immagine, la difesa del proprio mondo, induce a chiudere la porta e inevitabilmente alimenta le ragioni dell’individualismo.
Non è simpatico essere sorvegliati in una rete che è stata ed è disegnata come sconfinata prateria di illimitate libertà dove operano potenti algoritmi alla cui attività contribuiscono inconsapevoli viaggiatori nella rete.
Giuseppe O. Longo dell’Università di Trieste in “L’algoritmo pensante” (ed. Il Pozzo di Giacobbe) scrive: “Sulla base dei dati personali di ciascuno, gli algoritmi ci spingono più o meno gentilmente, a compiere scelte, ci raccomandano certe azioni, e in generale condizionano il nostro comportamento senza che ne siamo del tutto consapevoli. In definitiva qualunque grado di libera scelta ancora abbiamo, lo stiamo perdendo”.
Stiamo perdendo anche la faccia? Il titolo del libro di Khasmir Hill “La tua faccia ci appartiene”, cioè, “la tua faccia non è più tua” porta a riflettere su quel “metterci la faccia” che nel vocabolario della responsabilità significa uscire allo scoperto per amore della verità, della libertà, della dignità.
Come comportarsi? Chi, né apocalittico né integrato, studia lo sviluppo del fenomeno tecnologico suggerisce alcuni passi.
Il primo è conoscere il fenomeno scientifico e tecnologico nel suo divenire per distinguere tra l’impegno di chi intende contribuire alla soluzione di problemi e il delirio di onnipotenza di chi nella macchina vede uno strumento per condizionare, prevaricare, distruggere persone e cose.
Il secondo passo è attivare o consolidare alleanze culturali ed educative perché la tecnologia sia al servizio dell’uomo, non strumentalizzi le facce ma, rispettandole, le rassereni.