Le anime perse dopo il Covid secondo Elena Stancanelli
L’inferno delle nuove generazioni e il vocabolario audace del Papa. Elena Stancanelli (scrittrice e sceneggiatrice, fiorentina trapiantata a Roma, guida di “Piccoli Maestri” che promuove la lettura nelle scuole) ha recentemente firmato per La Stampa l’originale “ricerca narrativa” sulle giovani anime perse dopo il Covid.
E il 24 giugno era fra i 200 artisti invitati nella Cappella Sistina: «C’ero stata durante una delle visite notturne, con poca gente. E non ero pronta al Papa. Il suo discorso coraggioso, anti retorico e libero mi ha molto colpito. Francesco ha spronato gli artisti: dobbiamo creare novità. E ha scelto la parola armonia, che è bellissima perché il contrario di intolleranza. Significa che siamo tanti, diversi chiamati però a convivere» racconta con l’eco dell’accento toscano, «E ho ascoltato tanta libertà dal Papa, proprio mentre la politica parla di inasprimento delle pene. Francesco ha avuto il coraggio di riunire centinaia di artisti, forse perfino con nessun credente devoto. Persone chiamate per ciò che valgono, non per ciò che credono. E Francesco ha destato meraviglia: in un mondo che identifica l’arte con il parassitismo, al contrario lui ha scandito che l’arte è il motore vitale del mondo e l’antidoto alla falsità e superficialità». Dialogare con Elena Stancanelli consente riflessioni tutt’altro che… letterarie. Anzi, il suo è uno sguardo disincantato: «Si sventola tanto lo spettro della denatalità, ma nessun Under 35 è chiamato ad una presenza che incida sulla nostra società. Noi adulti, di fatto, pretendiamo eterni bambini. Loro chiedono di essere ascoltati quando non stanno male e finiscono per sbattere su muri».
La famiglia? «Per fortuna, non assomiglia più a quella in cui è cresciuta la nostra generazione. I ragazzi cercano però ruoli e autorevolezza che non trovano». Fra ambulatori neuropsichiatrici, reparti per i disturbi dell’alimentazione e dossier Covid ha maturato convinzioni precise: «I giovani, adolescenti e non, sentono di girare a vuoto: non entrano nel mondo del lavoro, la politica non li considera, non appartengono ad una comunità. Noi adulti discutiamo da dieci anni sulla gestazione per altri, mentre per loro è senza senso. Chi soffre il disagio ha introiettato la rabbia e si fa male: non mangia, si ferisce, pensa al suicidio, abusa di sostanze».
Stancanelli insiste senza diplomazia, perché si è più che documentata (al contrario degli “opinionisti”…). «I medici riferiscono che sono gli adulti a lasciare psicofarmaci a portata di mano, quando dovrebbero custodirli come le pistole. Siamo noi adulti… i minorenni. Facciamo finta di essere quel che non siamo più. E i ragazzi si rispecchiano nei comportamenti degli adulti di riferimento: sempre davanti al cellulare? Perché noi che facciamo? Come con il computer, il tablet, i videogiochi. Vite a specchio…». Da scrittrice, Stancanelli vanta un esordio fulminante: “Benzina” (Premio Berto 1998). L’anno scorso ha pubblicato “Il tuffatore” dedicato a Raul Gardini. E’ fresco di stampa “Oro” di Federica Pellegrini, frutto di una lunga serie di faccia a faccia. «Sono lavori diversi, ma in qualche modo uno figlio dell’altro» afferma da autrice, «Quello su Gardini è, di fatto, uno sguardo sul Novecento con i miei occhi e una figura metaforica maschile.
L’ultimo libro nasce dall’immaginario di Elisabetta Sgarbi che lo ha commissionato. Un’esperienza divertente. E non c’entra nulla “Open”, che pure è un grandissimo libro. Agassi è l’epica dell’odio per il tennis, mentre Federica è un soldatino al servizio del suo talento dall’inizio alla fine». La campionessa di nuoto negli occhi di Stancanelli ritorna umana: «Ci siamo viste per qualche mese, in posti diversi. Lei parlava e io registravo. Siamo due persone difficili: lei perché di essere facile non ha avuto tempo, io perché non lo so proprio essere. Possiede determinazione sovrumana e grande serietà, doti che amo moltissimo. E’ una donna bella, intelligente, simpatica. Federica ha fatto molto quel che ha voluto. Peccato, se l’avessi incontrata prima la mia vita sarebbe stata diversa».