La grande complessità della vita. Rino Fisichella ci mette in guardia dalle facili banalizzazioni del rapporto scienza-fede
Come si devono porre il credente o il cercatore di senso di fronte agli inquietanti interrogativi sull’origine del tutto?
Il grande rischio di voler diventare, senza confessarlo, nuovi demiurghi, architetti di un universo materiale dove lo spirito e la ricerca umana sono banditi in quanto completamente inutili: questo è il rischio di una umanità che per motivi di profitto economico sta avviandosi verso il dominio dell’intelligenza Artificiale (IA) denunciato da mons. Rino Fisichella in “L’albero della scienza”, (San Paolo, 224 pagine, 25 euro). Un pericolo quanto mai reale in un momento storico in cui religione e scienza si stanno allontanando con il pretesto di una irrisolvibile diversità.
In realtà Fisichella mette in guardia sia contro separazioni strumentali, sia contro affermazioni di una assoluta identità. Il Principio di Indeterminazione di Heisenberg, premio Nobel per la Fisica nel 1932, le ricerche di Karl Popper, che come afferma l’autore ha posto il reale “problema della falsificabilità nel circuito delle scienze”, hanno ormai distrutto le pretese del positivismo e del meccanicismo di giustificare unicamente con il materialismo l’esistente. E allora come si devono porre il credente o il cercatore di senso di fronte agli inquietanti interrogativi sull’origine del tutto? Intanto con la consapevolezza che molti scienziati non hanno fatto proclami di assoluta fede nella materia fine a se stessa, ma hanno sospeso il giudizio e messo in guardia da facili conclusioni più o meno deterministiche: anzi, la fede può contribuire a mettere limiti allo strapotere di una tecnica che sta annullando il contributo umano a favore di macchine sempre più capaci di fare a meno della nostra intelligenza.
Se vogliamo andare sul versante dell’accertamento di alcuni miracoli, la fede può procedere quando, come scrive l’autore, l’evento non è “scientificamente spiegabile”. La ricerca, filosofica, teologica e umanistica, è da sempre parte ineliminabile del cammino dell’uomo nonostante le affermazioni di assoluta spiegabilità dell’esistente attraverso l’indagine unicamente scientifica.
In realtà si è assistito, nota giustamente Fisichella, a quello che Fides et ratio ha chiamato il “dramma della separazione”, l’allontanamento spesso forzato e strumentale tra lo studio dell’esistente e la ricerca delle origini del tutto. Il senso della vita può essere affrontato solo attraverso la consapevolezza che le ricerche umane non sono esclusivamente scientifiche ma anche quelle che indagano radici non immediatamente visibili nel qui e nell’ora.
L’ideale rinascimentale di un sapere unitario si è frantumato a causa anche della pretesa di assolutezza della scienza e della visione laicistica della ricerca spirituale vista come opposizione al progresso.
Come aveva intuito Benedetto XVI, la materia può aiutarci a capire il senso del tutto a patto di non assolutizzarla. E non è un caso che il sottotitolo di questo libro sia “Dio e/o Galileo”, in quanto alcuni vedono nel grande scienziato la crisi e il superamento della religione di origine biblica, mentre altri vi scorgono la nuova strada della conciliazione tra visione scientifica e ricerca di senso oltre le barriere: “Il sapere cosmologico non annulla la domanda metafisica o teologica, ma la ricolloca in uno spazio diverso”, scrive l’autore nel suo lungo confronto tra ricerca scientifica e visione religiosa del creato.
La volatilizzazione del materiale divenuto dato elettronico e accumulato nei cloud mette in crisi l’ormai antica fiducia che la materia sia eterna e origine di ogni cosa.
È la domanda di senso, conclude l’autore, a unire gli scienziati e i filosofi, oltre che i teologi, di fronte ad un universo sempre più rivelazione di quanto i calcoli umani siano insufficienti per comprendere i miliardi di elementi, tra galassie, stelle, buchi neri, materia e antimateria, che lo compongono. Meraviglia e stupore sono, scrive giustamente Fisichella, “premesse necessarie e indispensabili” per affrontare l’abissale complessità del creato.