La città e il museo. Dal Patriarca di Venezia un richiamo che attraversa e va oltre l'acqua alta
Una città non è un museo e neppure un parco di divertimento: questo il richiamo di Mons. Moraglia per Venezia.
“Venezia ha bisogno di una politica nuova e di un modello diverso di sviluppo. Deve ritornare una ‘polis’, una città per gli uomini. Non può restare una Disneyland svenduta ai turisti”. Queste parole del patriarca di Venezia sono apparse nei giorni scorsi sui quotidiani nazionali e sono tornate in un’intervista televisiva della Rai.
Nel confronto che si è aperto in margine alla ricostruzione dopo il disastroso allagamento il pensiero di mons. Francesco Moraglia si trasforma in un monito rivolto a quanti guardando Venezia vedono un inestimabile patrimonio culturale e artistico ma non sempre scorgono un altrettanto inestimabile patrimonio umano.
Una città non è un museo e neppure un parco di divertimento: questo il richiamo del Patriarca che esprime preoccupazione anche a fronte del rilevante e veloce calo del numero di abitanti.
Da qui la richiesta di uno “statuto speciale internazionale” per Venezia che consenta una “ricostruzione” di entrambi i patrimoni, di tutelarli, di valorizzarli.
Ma si può avere fiducia in un momento in cui le polemiche e l’assenza di discernimento svuotano il confronto? “Sì — risponde mons. Moraglia sul sito vatican.va – resto fiducioso a condizione che si voglia insieme ripensare la nostra città; non la si può condannare ad essere solo uno strumento di reddito per il turismo, ma dev’essere una città che torni ad essere abitata, quindi avere delle politiche abitative soprattutto in favore delle famiglie, dei giovani”.
Le parole sono rivolte al futuro di Venezia ma poi vanno oltre perché toccano situazioni che vedono molte città nel rischio di un impoverimento umano e sociale.
Si tratta di un abbandono, nonostante che luci, vetrine e suoni tentino di minimizzare o nascondere.
Per questo Venezia, nella sua fragilità e nella sua forza, si sente oggi più che mai maestra in umanità e incoraggia molte altre città a non vendere la loro dignità spesso tradita da una politica povera di cultura, povera di umanità, povera di relazioni, povera di futuro: una politica che si dimette dal ruolo di costruttrice della città per l’uomo che mai si potrà ridurre a consumatore, cliente, utente.
Pensieri che vengono da Venezia, da una Chiesa che condivide la sofferenza e la speranza di una città ferita. Pensieri, che nel rispetto della diversità di culture, storie e fedi, indicano la direzione verso quel nuovo umanesimo che è a fondamento della ‘polis’. Pensieri che spingono le scelte per il bene comune oltre i deserti e le paludi delle semplificazioni, delle polemiche, delle strumentalizzazioni.