Italia e post-pandemia. Agesci: “Il Grande Gioco non si ferma, così si trasforma la pandemia in rinascita”
Uno dei temi emersi durante l’ultimo Consiglio episcopale permanente (Cep), ed evocato con chiarezza dal card. Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nella sua introduzione, è stato quello della “frattura educativa” generata, o forse meglio dire, aggravata dal contesto pandemico. A riguardo il Sir ha intervistato Barbara Battilana e Vincenzo Piccolo, presidenti del Comitato nazionale Agesci, l’Associazione guide e scout cattolici italiani che conta 185.000 soci
Uno dei temi emersi durante l’ultimo Consiglio episcopale permanente (Cep), ed evocato con chiarezza dal card. Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nella sua introduzione, è stato quello della “frattura educativa” generata, o forse meglio dire, aggravata dal contesto pandemico. “Stiamo riconoscendo quanto le realtà educative abbiano bisogno di essere sostenute dalla collaborazione di tutti” ha detto il cardinale per il quale l’impegno educativo al tempo del Covid-19 ha bisogno di “sguardi in avanti, creatività, progettualità”. Un discorso non di oggi: all’educazione e all’emergenza educativa, la Cei ha dedicato la sua riflessione nel decennio 2010-2020.
Il Sir ha intervistato Barbara Battilana e Vincenzo Piccolo, presidenti del Comitato nazionale Agesci, l’Associazione guide e scout cattolici italiani che conta 185.000 soci, per capire come questa sta rispondendo alle sfide del Covid-19.
Il Covid-19 ha provocato una ‘frattura’ anche nelle attività scout sebbene siano stati in molti a tenere vivo il ‘Grande Gioco’ dello scoutismo. Il motto scout “estote parati” in che modo è risuonato nonostante le restrizioni sanitarie?
È stato sicuramente un duro colpo assistere alla chiusura delle scuole e delle attività per bambini e ragazzi. I nostri capi si sono accorti da subito che c’era necessità di accompagnarli in questo difficile momento, dove le relazioni tra pari erano state troncate e che ancor oggi non sono completamente riprese. Abbiamo fermamente creduto che la priorità fosse quella di riprendere le relazioni con bambini e ragazzi anche attraverso la Rete. Certo non si potevano vivere giochi in cortile, avventure, uscite, ma la fantasia di ogni educatore ha portato a ideare giochi e attività che hanno consentito di stare con loro e tra loro, divertirsi con i propri amici. Non appena si sono aperte le possibilità di tornare a vedersi, abbiamo ripreso ‘in presenza’ con le dovute attenzioni e il rispetto delle distanze. Tutto vissuto come regole del nuovo gioco da fare assieme. Abbiamo ripensato e declinato le nostre attività alla luce delle limitazioni, ma la gioia di rivedersi, di tornare all’aria aperta era troppo grande. Le attenzioni da avere sono state un modo per aver cura di loro e per aiutarli ad essere consapevoli della responsabilità che loro stessi hanno nei confronti degli altri.
Andando anche oltre la pandemia: quanto è concreto il rischio far sentire alle nuove generazioni solo la fatica di questo tempo senza aiutarle a leggere in profondità quanto stanno vivendo?
Come capi e capo, lupetti e coccinelle, esploratori e guide, rover e scolte desideriamo
riconoscere in questa situazione di emergenza una chiamata.
È la chiamata che Dio sta rivolgendoci come comunità associativa. Ci siamo messi in ascolto delle emozioni che noi e i ragazzi provavamo per interpretare i segni della presenza di Dio nel ‘qui ed ora’ della nostra situazione, scegliere quale sia il meglio che siamo chiamati a fare e contemplare così il mondo di questo nostro tempo alla luce di quello Spirito di Dio che lo abita e ci accompagna in esso verso un bene più grande.
Cosa serve oggi all’impegno educativo scout perché possa operare fattivamente ‘insieme’ ai ragazzi? Quanto si sta dimostrando efficace ed attuale il “metodo scout” per affrontare la complessità di questa epoca?
Il nostro metodo si fonda sul protagonismo dei ragazzi: il bambino e il ragazzo sono artefici della loro crescita, attraverso la costruzione del gioco, delle attività, delle uscite e campi. Per questo motivo è stato fondamentale per noi definire con loro le attività, progettare passo dopo passo da vivere insieme. In questo senso
la nostra proposta è profeticamente attuale perché valorizza ogni ragazzo e si sforza di aiutarlo a scoprire e a sviluppare le proprie qualità. Ogni ragazzo cresce vivendo assieme agli altri, in una comunità che si fonda sull’accoglienza delle reciproche diversità e sulla fraternità, dove ciascuno è impegnato a mettersi a servizio degli altri.
Nella comunità si vivono le possibili dinamiche che si incontrano nel quotidiano. Il piccolo gruppo è laboratorio e palestra che, aiutando a costruire strumenti interpretativi della realtà e a sperimentare modalità di partecipazione, educa a una cittadinanza responsabile. Affrontare la complessità di questo periodo, significa per noi credere della comunità, farsi carico di chi non ha forza: confidiamo che sperimentare nelle nostre attività la bellezza della comunità possa consentirci di essere cittadini consapevoli portando questi valori nella nostra quotidianità.
Che valore assumono parole come ‘responsabilità’, ‘cura’ e ‘custodia’ di ognuno e soprattutto dei più fragili e più deboli?
Sono valori fondanti per la nostra Associazione e sui quali continuamente Papa Francesco richiama l’intera Chiesa. Oggi più che mai sentiamo la responsabilità nei confronti di chi ci circonda, verso i più deboli. L’attenzione che ci caratterizza nei confronti del mondo giovanile si traduce in responsabilità nel sostenere i bisogni di tutti i bambini che soffrono le conseguenze della limitata socialità. È nostro compito prenderci cura delle fragilità e custodire la bellezza che si nasconde in ogni essere umano, voluto e amato da Dio.
Cura e custodia che si estende per noi automaticamente a tutto il creato, luogo principe delle nostre attività, dove impariamo a contemplare e a pregare Dio creatore e che vogliamo consegnare alle generazioni future.
Come trasformare il tempo attuale in opportunità di crescita educativa, di apprezzamento della vita, di costruzione del futuro? “Non è tempo perduto, se è tempo di semina e di costruzione” ricordava il card. Bassetti…
Questo tempo è un tempo di grazia, dove continuare a stupirci di quanto ci circonda, di uno sguardo, dei gesti semplici, ma carichi di attenzione nei confronti degli altri. Sentiamo il bisogno di ascoltare quello che stiamo vivendo e riconoscere e assumere con consapevolezza e libertà il bene che ogni situazione, anche la più tragica, “contiene”. Tantissime persone da un anno stanno vivendo problemi economici, ritmi lavorativi pressanti, lontananza dalle persone care: se ognuno rimane chiuso in sé, si genera sofferenza su sofferenza.
Fare nostra la spontaneità dei bambini, ci aiuterebbe ad essere meno diffidenti nei confronti degli altri
e anzi farsi un po’ carico delle loro difficoltà, prenderci cura di loro anche solo per scambiare una parola di conforto. Molti dei nostri capi e dei rover e scolte durante il primo lockdown si sono prestati a sopperire alcune esigenze di base delle famiglie o degli anziani: è stata un’esperienza generativa perché dietro un sorriso, un saluto dalla finestra traspariva la gioia delle persone che non si sentivano abbandonate. Questo potrebbe essere un piccolo seme da continuare a far crescere per costruire un’autentica comunità e trasformare la pandemia in rinascita.
Parafrasando Baden Powell, fondatore dello scoutismo, pensate che alla fine di questa esperienza legata alla pandemia e alle sue conseguenze, il mondo sarà migliore di come era prima?
Noi lo speriamo. Questo è il nostro impegno.