Il terreno che manca. La morte dei due ragazzi di Terni riguarda un po' tutti
Una tragedia come questa chiama in causa l’intera comunità e dovrebbe far riflettere una volta di più su bisogni e fragilità degli adolescenti.
Flavio e Gianluca. Due nomi che sono prepotentemente rimbalzati sui media, due ragazzi, adolescenti, uccisi (forse) dal metadone. Una tragedia che colpisce naturalmente chi era loro più vicino: i familiari, gli amici. Al loro dolore ci uniamo, con rispetto. La morte dei due ragazzi, come sottolineato da più persone a Terni – la città di Flavio e Gianluca – riguarda però non solo la cerchia “vicina”, ma un po’ tutti. “Se avvengono queste tragedie – ha commentato tra gli altri il tenente colonnello Stefano Verlengia, a capo del Reparto operativo del comando provinciale dei carabinieri della città umbra – significa che qualcosa è stato sbagliato, che abbiamo fallito nel non parlare attentamente con i ragazzi e che, noi tutti, non siamo riusciti a trasmettergli la percezione dei rischi che corrono con l’assunzione di droga”.
Una tragedia come questa chiama in causa l’intera comunità e dovrebbe far riflettere una volta di più su bisogni e fragilità di una fascia d’età, quella dell’adolescenza, per se stessa problematica, capace di confondere e disorientare soprattutto gli adulti, talvolta del tutto incapaci di affrontare i cambiamenti e le dinamiche dei ragazzi che crescono. Non stupisce che siano i genitori, nell’immenso dolore che li travolge, ad essere i primi a rimanere spiazzati, a cogliere all’improvviso una realtà che mai avrebbero potuto immaginare per i loro ragazzi. Vedono, i genitori, i cambiamenti, percepiscono i turbamenti dei figli che crescono. Ma da soli – e questo vale in generale, non solo in riferimento a quanto successo a Terni – con fatica riescono a trovare il bandolo della matassa.
“Non chiederci la formula che mondi possa aprirci….”: così poetava Montale accennando alla difficoltà di cogliere un senso compiuto per le cose e l’esistenza, sottolineando la dimensione del dubbio e dell’incertezza, della precarietà. Come suonano forti questi versi pensando ai “mondi” dei nostri ragazzi, che si aprono misteriosi dietro le facciate dei campi di calcio, degli incontri festosi con gli amici o delle chat sul web e delle silenziose, solitarie stanze in cui così spesso gli adolescenti si rinchiudono, davanti a un pc o a uno smartphone. Mondi che si contraddicono, nei quali tuttavia si ritrova spesso il filo rosso di una insoddisfazione e di una solitudine che cercano soluzione.
Il più delle volte la strada “la trovi da te” – per usare un’altra citazione – verso approdi anche impensati. Fortunatamente non ci sono solo tragedie a segnare la strada degli adolescenti. Ma certo gli adulti, cui i più giovani chiedono talvolta aiuto (nei modi più vari) devono interrogarsi su cosa e come fare a indirizzare, sostenere, guidare un cammino che pure in gran parte li tiene lontani.
E qui la riflessione si sposta sul mondo della scuola, che proprio in questi tempi è stato così stravolto dalle vicende eccezionali della pandemia. La scuola è il luogo per eccellenza dei ragazzi ed è il luogo per eccellenza dove questi incontrano quegli adulti che li possono accompagnare nell’attraversamento del guado dell’età. In questo tempo ai ragazzi è venuto a mancare il terreno più favorevole su cui camminare. Forse non ci siamo resi conto del tutto di quanto siano state colpite le giovani generazioni dal “mostro” del lockdown. E di quanto sia importante l’impegno per riproporre l’avvio di una scuola serena ed efficiente per ricominciare a guardare avanti, ricostruire fiducia, continuare a tessere quel patto continuo tra generazioni che tante volte non può evitare le tragedie, ma aiuta ad attraversarle.