Il poeta sociale. Una originale figura “disegnata” da papa Francesco
Come un’economia circolare, un’economia solidale, un’economia di comunione possono cambiare le logiche delle multinazionali?
Alle pagine mediatiche che raccontano le tragedie delle guerre seguono sempre quelle che raccontano come l’economia e la finanza dettino o cerchino di dettare legge alla politica. Non sono pagine separate.
L’eco de fragore delle armi e le immagini di distruzioni e di morti non si ritrovano nelle notizie che parlano di meccanismi di mercato dove il profitto umilia e ferisce la dignità delle persone. Le conseguenze del rapporto tra politica debole e mercato forte si rintracciano nelle storie di diseguaglianze, di precarietà, di scarto.
Di fronte a questo quadro si è posto papa Francesco ricevendo in udienza il 4 gennaio i rappresentanti di Dialop (Trasversal Dialogue Project), un percorso che da dieci anni pone il tema del bene comune al centro del dialogo tra socialisti/marxisti e cristiani.
Ci si chiede se non sia un’utopia pensare che sulle macro-strategie possano influire progetti ed esperienze che hanno a cuore tanto le regole dell’utile quanto la dignità delle persone, delle famiglie e delle comunità. Come un’economia circolare, un’economia solidale, un’economia di comunione possono cambiare le logiche delle multinazionali?
La risposta di Francesco a imprenditori, economisti e politici di Dialop è questa: “Non tiratevi indietro, non arrendetevi, non smettete di sognare un mondo migliore. È nell’immaginazione, infatti, che intelligenza, intuizione ed esperienza e memoria storica, si incontrano per creare, avventurarsi e rischiare”.
Per affrontare questa sfida vengono suggeriti tre atteggiamenti: avere il coraggio di rompere gli schemi, di cercare vie nuove e invertire la rotta; dedicare l’attenzione ai deboli perché una civiltà si misura da come vengono trattati; impegnarsi nella lotta per la legalità contro la piaga della corruzione, degli abusi di potere.
Percorsi difficili ma, ricorda Francesco, “quante volte lungo i secoli stati proprio i grandi sogni di libertà e di uguaglianza e di fraternità, uno specchio del sogno di Dio, a produrre svolte e progressi”.
Su queste strade ci sono tracce e orme lasciate in tempi difficili e che oggi diventano un incoraggiamento e un appello a pensare e a sperimentare percorsi profetici.
E qui c’è un’immagine sorprendente. “Mi piace – dice Francesco – chiamare ‘poeta sociale’ chi si impegna in questo campo perché poesia è creatività e qui si tratta di mettere la creatività a servizio della società perché sia più umana e fraterna”.
La poesia apparentemente così lontana dalla concretezza e dal realismo è la postura interiore per creare alternative a un pragmatismo che riduce uomini e donne a numeri, percentuali, clienti, utenti, consumatori. elettori
La poesia è un esercizio di sognatori che nulla realizzano? Una risposta viene dalle molte buone prassi che sono sorte in questi anni e stanno crescendo anche nel nostro Paese. In questo contesto di creatività e competenza, che andrebbe meglio conosciuto, perché non pensare il “poeta sociale” come un costruttore di buona politica, di bene comune?