Il gioco pericoloso degli apprendisti stregoni. Verso il rimpasto di Governo
Il tema del rimpasto di Governo, un'operazione non felice.
Come se non bastassero i problemi sul campo, quelli reali, dal cilindro della politica politicante ne è sbucato fuori uno nuovo: il cosiddetto “rimpasto”, termine ereditato dai momenti meno lusinghieri della Prima Repubblica per descrivere un mutamento della compagine ministeriale senza cambio di maggioranza e di presidente del Consiglio. Per la verità sono mesi che se ne parla sotto traccia, ma nelle ultime settimane e ancor più negli ultimi giorni il tema è diventato dominante nelle cronache politiche. Con tanto di elenchi dei ministri in bilico e dei possibili sostituti. E’ una questione tutta interna ai partiti che sostengono l’esecutivo e francamente è difficile spiegarla se non in termini di uno scontro sui rapporti di forza nella maggioranza, in un momento in cui appare sempre più chiaro che non sarà materialmente possibile andare a elezioni almeno fino all’inizio del 2022. A meno che non si ritenga possibile far credere all’opinione pubblica che cambiando questo o quel ministro il governo possa migliorare significativamente le sue prestazioni.
E’ un’operazione che, dal punto di vista dei partiti di maggioranza, rasenta l’autolesionismo. La curva dei contagi sembra finalmente concedere qualche spiraglio di ottimismo e il governo se ne può legittimamente intestare almeno in parte il merito. L’opposizione si trova in obiettive difficoltà. Il voto unanime del Parlamento sullo scostamento di bilancio – che ogni cittadino di buona volontà ha accolto come un segnale positivo – è sicuramente frutto dell’abilità politica di Berlusconi ma rivela anche il timore di Lega e FdI di ritrovarsi in una posizione isolata, in fuori gioco sia rispetto all’Europa, sia rispetto ai nuovi equilibri internazionali del dopo-Trump. Ed ecco che, invece di valorizzare queste dinamiche, le forze di maggioranza si vanno a infilare in una partita che agli occhi del Paese finisce inevitabilmente per apparire come una lotta di potere e di poltrone. E purtroppo, fatte salve le buone intenzioni di alcuni, effettivamente lo è.
Se fosse esclusivamente un problema della maggioranza che ha deciso di farsi del male da sola, tanto varrebbe lasciarla cuocere nel suo brodo. Ma nella fase che stiamo attraversando il Paese non può permettersi di avere un governo politicamente destabilizzato. Per questo il Quirinale guarda con grande preoccupazione alla manovre in corso. Cambiare più di un ministro non è un’operazione indolore. Richiede sicuramente un nuovo passaggio dell’esecutivo davanti al Parlamento e, con i numeri già risicati al Senato e gli inevitabili strascichi polemici del cambio di poltrone, la transizione appare molto rischiosa. Senza trascurare che, se i partiti dell’attuale maggioranza non riuscissero a chiudere un accordo politico sui nuovi assetti, si finirebbe dritti dritti in una crisi di governo. Certe operazioni azzardate si sa come cominciamo e non si sa come finiscono. Da Goethe in poi, passando per Walt Disney, la vicenda dell’apprendista stregone insegna che quando si mettono in moto meccanismi incontrollabili con la presunzione di saperli dominare, nel momento cruciale non c’è una parola magica capace di fermare gli effetti non voluti dell’incantesimo. Chiedere a Salvini, agosto 2019.