I modelli della politica in Occidente e le possibilità di renderli ancora attuali
Ciò che avviene in alcuni momenti di crisi ci consiglia di andarci cauti quando si parla di democrazia, tirannia, popolo, libertà.
In questi giorni in cui infuriano le polemiche, anche all’interno delle alleanze stesse, si fa un gran parlare di democrazia e di politica, che, come si sa, sono parole di origine greca e che originariamente individuavano il potere del popolo e la partecipazione alla vita della città. Certamente la pòlis greca è un punto fondamentale di riferimento per l’occidente, grazie ad alcune novità rispetto alle monarchie orientali: una tra tutte, la presenza di un popolo, a sua volta di varia composizione, dai lavoratori ai nullatenenti, che lentamente acquisì incarichi e magistrature. Una rappresentatività reale, che ad est della Grecia era sconosciuta. Questo è il punto-cardine che fa sì che la pòlis greca sia stata da sempre un punto di riferimento in occidente. Un riferimento che ha evidenziato però debolezze e limiti che dobbiamo analizzare per evitare che pòlis divenga un mito acritico, impedendo di riformare ciò che non è più al passo con i tempi.
La fondamentale instabilità del rapporto tra aristocrazie, artigiani, mercanti e resto della popolazione portò, ad esempio, all’avvento di tirannie che spesso ebbero il consenso popolare. Il motivo è semplice: in regime di democrazia, con il passar del tempo, le famiglie più potenti, qualche volta appoggiate dal popolo, erano divenute oligarchie, potere di pochi, che agivano per il loro esclusivo interesse. Eppure, in teoria, vi erano cariche elettive e rappresentanti popolari, solo che in realtà il potere era nelle mani di chi aveva la terra e il comando dell’esercito. Ma non dobbiamo per forza rimanere in Grecia: ricordiamoci che Giulio Cesare, amato dal popolo, fu fatto fuori da una congiura di senatori nostalgici dell’antica “democrazia”, mentre il conquistatore delle Gallie era sospettato di voler instaurare, mi si perdoni il gioco di parole, una dittatura “popolare”. Come si vede, saltano gli schemi usuali: in questo caso abbiamo un’alleanza tra popolo e dittatura da una parte, tra “democrazia” e aristocratici dall’altra.
Se consideriamo che la Roma antica era una pòlis a tutti gli effetti, si vedrà che ciò che avviene in alcuni momenti di crisi ci consiglia di andarci cauti quando si parla di democrazia, tirannia, popolo, libertà, perché ci si presenterebbero davanti delle inaspettate contraddizioni. Accadeva infatti che talvolta i democratici rimpiangessero i bei tempi andati, di contro ad una “modernità” amata da una ristretta aristocrazia “progressista”. Ma non dobbiamo andare così lontano: durante la dittatura del proletariato, soprattutto ai tempi di Stalin, le eccessive libertà formali predicate dagli intellettuali progressisti, futurismo, astrattismo, strutturalismo, atonalità e dodecafonia in musica, furono combattute come vizi “borghesi” in nome di un popolo che mai avrebbe capito quegli intellettualismi d’avanguardia.
Insomma, se approfondiamo la realtà della Storia, ci rendiamo conto che i nomi talvolta non sono le cose, e che la realtà politica presenta, proprio nella patria della pòlis, delle contraddizioni che dovremmo studiare bene per impedire che il loro riapparire porti alla fine della libertà.
Marco Testi