Festa della Repubblica: ridiamo senso al legame sociale, ai suoi principi e ai suoi valori
Una festa costituzionale, quella del 2 giugno, non “contro” (di monarchia già dal 1946 nessuno parla più) ma “per”. Una festa, ritornando all’etimologia della repubblica, per ridare senso al legame sociale, ai suoi principi, ai suoi valori. Valori che poi, in fin dei conti, sono sempre gli stessi. Sono quelli che troviamo scritti in una costituzione frutto sì, delle scelte del 2 giugno 1946, ma anche dell’opera di chi, quelle scelte ha guidato con la propria personalità, col proprio lavoro e spirito di servizio al bene comune
Festeggiare la Repubblica, ogni 2 giugno, anniversario del referendum in cui le italiane, per la prima volta al voto, e gli italiani, tornati al voto libero dopo più di vent’anni, la scelsero, significa festeggiarci come cittadini. Cioè non come individui o consumatori, così come siamo oggi per la gran parte valutati e contati, ma come persone, persone in relazione.
Perché il vincolo di cittadinanza è appunto una relazione, che oggi vogliamo libera, come si confà ad una democrazia. Un vincolo che ci viene dal suolo e dal sangue, ma che siamo chiamati a scegliere, consapevolmente, e su cui siamo chiamati a lavorare, a manutenere, in continuazione.
Questo vincolo è materializzato in una cosa (il latino res) che è pubblica (in latino con una sola “b”), ovvero è di tutti ed è aperta a tutti, nessuno escluso. Tutti diversi, tutti e ciascuno con le proprie caratteristiche, peculiarità, pregi, difetti, ma tutti insieme attenti alla cura, alla manutenzione di ciò che è comune.
Tanto più che la nostra Repubblica, così come quelle francese e tedesca (occidentale), si dotano tra il 1946 e il 1948 di costituzioni avanzate, che affermano che la Repubblica non si limita ai confini dello stato, ma è disponibile a cedere, su base di reciprocità, porzioni della propria sovranità. Una lezione cruciale, soprattutto oggi per quella parte di Europa in cui si consuma ancora la guerra. Una guerra che le democrazie delle Comunità e poi dell’Unione Europea hanno da oltre mezzo secolo disinnescato laddove per secoli era divampata.
Disinnescare la guerra è uno dei frutti della democrazia, di legami fondati sulla giustizia e sulla verità, che sono il nome della pace.
Ma dobbiamo anche vegliare. Dobbiamo interrogarci sulla qualità della nostra cosa pubblica e dei nostri legami. Scopriremmo una conflittualità accentuata, che deriva dal consumarsi della fiducia, della reciprocità, dal consumarsi degli ideali, che sono surrogati dalle ideologie. Il tarlo delle ideologie, l’ideologia consumista e liberista, oggi egemoni, il problema delle diseguaglianze crescenti, sono fattori pericolosi che accentuano una sensazione di insicurezza e di sfiducia, alimentando quelle paure collettive a loro volta capaci di generare ideologie securitarie e scatenare il conflitto sociale.
Se verrà meno il senso del legame tutti ci ritroveremo soli e dunque poveri, di cuore, ma anche di risorse, e di conseguenza violenti.
Una festa costituzionale, quella del 2 giugno, non “contro” (di monarchia già dal 1946 nessuno parla più) ma “per”. Una festa, ritornando all’etimologia della repubblica, per ridare senso al legame sociale, ai suoi principi, ai suoi valori. Valori che poi, in fin dei conti, sono sempre gli stessi. Sono quelli che troviamo scritti in una costituzione frutto sì, delle scelte del 2 giugno 1946, ma anche dell’opera di chi, quelle scelte ha guidato con la propria personalità, col proprio lavoro e spirito di servizio al bene comune.