Coronavirus. Il pensiero e il contagio. Il dialogo tra intellettuali, popolo e politici nel tempo dello spaesamento
Tra le molte lezioni di questo tempo, c’è quella di ristabilire un dialogo tra la realtà e l’intelletto.
“Una più alta formazione dello spirito è premessa necessaria per il lavoro presso il popolo e quanto più liberamente e riccamente l’intelletto è dispiegato, tanto più grandi sono le possibilità di ottenere effetti”. In una conferenza sul ruolo degli intellettuali nella società, tenuta a Heidelberg nel 1930, Edith Stein poneva in risalto la funzione dell’intelletto nel pensare e nell’agire politico.
A questa affermazione, la filosofa di origine ebraica – uccisa ad Auschwitz e santa compatrona d’Europa con il nome di Teresa Benedetta della Croce – ne aggiungeva un’altra riferita a quanti intendevano essere guide di un popolo: “…tali uomini potranno tanto più facilmente adempiere la loro professione di guida, quanto meno partecipano al tipo degli intellettuali”.
Intendeva dire che l’intellettualismo, l’estraniarsi dell’intellettuale dalla realtà, non aiuta né il popolo né le sue guide a crescere in umanità, a scegliere la strada del bene comune.
Non vedeva negli intellettuali le guide di un popolo ma, in tempi bui, li richiamava alla responsabilità di ravvivare nella politica la ricerca della verità, del bene, del bello.
Chiedeva loro di aiutare la politica a leggere il frammento con lo sguardo dell’insieme, di guardare l’oggi senza perdere di vista il futuro.
“L’intelletto – diceva la filosofa – è un dono di Dio di cui abbiamo bisogno e non solo per noi ma anche proprio per coloro dai quali esso ci distingue. L’intelletto deve però rendersi conto dei suoi limiti e diventare, perciò, umile. La maggior parte dell’attività dell’intelletto, se è pura attività naturale dell’intelletto, conduce di solito a una certa presunzione intellettuale”.
Una presunzione che non è gradita, allontana, disgusta.
Evidente anche oggi la necessità di tenere vivo o di riscostruire il dialogo tra l’intelletto, la gente, i politici. Qualcosa sta avvenendo nel tempo del Coronavirus, in particolare, con il linguaggio della scienza medica che riafferma la passione per l’uomo.
Tra le molte lezioni che il disorientamento, lo spaesamento e la paura stanno trasmettendo alla società c’è quella di ristabilire un dialogo tra la realtà e l’intelletto, dono di Dio e responsabilità dell’uomo, per non smarrirsi di fronte alle tragedie, alle sofferenze e alle minacce.
Non è un percorso facile ma già si intravvedono le tracce di una conversazione che incoraggia e sostiene il popolo e le sue guide. Una conversazione che aiuterà entrambi a superare la prova e a riamare la fatica e la bellezza dell’educarsi e dell’educare alla verità e al bene.