"Christus vivit" di papa Francesco. Giovani, benedizione per la Chiesa e slancio verso il futuro
Christus vivit. L'esortazione apostolica post-sinodale di papa Francesco, offre preziosi spunti per ripensare la pastorale giovanile ma, prima ancora, aiuta a guardare ai giovani per quello che sono, parte del popolo di Dio, senza artificiose contrapposizioni. È un testo che rimane aperto e interpella ogni comunità cristiana, chiamata ora a domandarsi come recepire le riflessioni di Francesco sui giovani e come tradurle in scelte pastorali.
Christus vivit, Cristo è vivo. Il cuore dell’annuncio, la Resurrezione di Gesù, dà il titolo all’esortazione di papa Francesco al termine del lungo percorso del Sinodo sui giovani avviato nel 2016, che ha avuto come momenti centrali la riunione pre-sinodale di marzo 2018 e l’assemblea dei vescovi dello scorso ottobre, a cui ha partecipato anche il nostro vescovo Claudio.
Un annuncio che raggiunge la vita di ogni giovane cristiano: Lui vive e ti vuole vivo! (1). Dalle prime parole di questo testo si coglie subito come il papa abbia in mente una Chiesa che si fa “carovana in cammino” (29), mettendosi fianco a fianco nel percorso di crescita e a servizio del desiderio autentico di felicità che ogni giovane porta con sé.
Una Chiesa così non è però una “Chiesa di giovani” o “per i giovani”. La dicitura “Chiesa e giovani” (con tutte le sue varianti) trascura il fatto che i giovani sono nella Chiesa. Per settimane durante il Sinodo i media hanno invece cavalcato questo ritornello come se da una parte ci fosse la Chiesa (intesa come vescovi, gerarchia) e dall’altra il “sindacato” dei giovani con le sue richieste e recriminazioni, dimenticando che alla Chiesa appartengono invece tutti i battezzati (e non solo il clero). E tutti sono chiamati a portare il proprio contributo. In particolare, «sono proprio i giovani che possono aiutare la Chiesa a rimanere giovane, a non cadere nella corruzione, a non fermarsi, a non inorgoglirsi, a non trasformarsi in una setta, ad essere più povera e capace di testimonianza, a stare vicino agli ultimi e agli scartati, a lottare per la giustizia, a lasciarsi interpellare con umiltà» (37).
Questa prospettiva ottimistica nei confronti dei giovani fa un gran bene a noi adulti che spesso corriamo il rischio di idealizzare il passato e vedere il presente come una «lista di disastri, di difetti della gioventù» (66). Un padre, un pastore, una guida è invece capace di cogliere la giovinezza come una «benedizione per la Chiesa e per il mondo, una gioia, un canto di speranza e una beatitudine» (135), intravvedendo «percorsi dove altri vedono solo muri, possibilità dove altri vedono solo pericoli» (67) e coltivando una grande capacità di ascolto umile e fiducioso, perché ciò che altri dicono – anche “lontani” dalla Chiesa – può essere «una luce che può aiutare a scoprire meglio il Vangelo» (41).
Siamo ormai abituati allo stile agile e immediato di Francesco, e il testo si propone idealmente come una Lettera ai giovani; peccato che tale spunto venga tradito nei fatti dall’eccessiva lunghezza e articolazione del testo, che a mio avviso lo rende difficilmente accessibile ai destinatari, abituati dai social e dagli smartphone a conversazioni più contenute. Ed è un vero peccato perché ci sono dei passaggi notevoli – in particolare il capitolo 4 dedicato al nucleo dell’annuncio cristiano (il kerygma) – in cui il papa si rivolge direttamente a un “tu”: parole talmente belle ed efficaci che meriterebbero di essere estratte e spammate nei social, inviate via mail o con Whatsapp, stampate e regalate agli educatori delle nostre parrocchie.
Ma i giovani non sono gli unici destinatari dell’esortazione, che si rivolge, come di prassi, a tutto il popolo di Dio, e rilancia la riflessione sui giovani per un ulteriore discernimento comunitario, alla luce dello Spirito. Tale testo dunque rimane aperto e interpella ogni comunità cristiana, chiamata ora a domandarsi come recepire tali riflessioni sui giovani e come tradurle in scelte pastorali. È la stessa prospettiva che stiamo vivendo nella nostra diocesi, dopo la chiusura del nostro Sinodo dei giovani, e che vede ora affidata alle mani di giovani e adulti la Lettera dei giovani alla Chiesa di Padova.
Giovani e adulti (e anziani!) insieme, perché non si può vivere tagliando le radici (137); e, come ha detto un giovane delle Isole Samoa intervenuto al Sinodo, «la Chiesa è una canoa, in cui gli anziani aiutano a mantenere la rotta interpretando la posizione delle stelle e i giovani remano con forza immaginando ciò che li attende più in là» (201).
Don Paolo Zaramella
direttore Ufficio di pastorale dei giovani
299 numeri divisi in nove capitoli
«Quando ho iniziato il mio ministero come papa, il Signore ha allargato i miei orizzonti e mi ha dato una rinnovata giovinezza». Comincia con questa confidenza l’esortazione apostolica post-sinodale Christus vivit, 299 numeri divisi in nove capitoli, rivolta ai giovani e a tutto il popolo di Dio a conclusione del Sinodo sui giovani di ottobre.
Una Magna charta della pastorale giovanile, esortata a cambiare – insieme alla Chiesa – partendo dalle critiche dei giovani, per diventare, da ora in poi, «pastorale giovanile popolare».
«La gioventù non esiste, esistono i giovani»: questo il punto di partenza per affrontare questioni come gli abusi, le migrazioni, la sessualità, la questione femminile, i pericoli della Rete, la famiglia, il lavoro. Leggi una sintesi dettagliata nella sezione "Chiesa nel mondo del nostro sito".