Catechesi. Torniamo al fulcro della fede, Gesù
In questo tempo di separazioni e distanziamenti l’immagine che frequentemente può presentarsi a un cristiano è quella di Gesù e le sue numerose relazioni. Gesù e la folla, Gesù e i discepoli, Gesù che si fa toccare dall’emorroissa, Gesù che mangia e beve con tutti, Gesù che tocca, che si fa toccare, si fa ungere, si fa lavare i piedi e li lava, che cammina a fianco dei discepoli di Emmaus e con loro spezza il pane, che entra nella casa di Lazzaro e Maria, sua sorella, che siede ai suoi piedi per ascoltarlo...
Ma la storia sacra ci sottolinea anche i periodi di attesa e di silenzio: i quaranta giorni nel deserto di Gesù, da solo, contro le tentazioni del maligno, prima di intraprendere la vita pubblica; la lunga attesa nel deserto del popolo d’Israele prima di giungere alla terra promessa; il silenzio di Gesù in preghiera nel racconto del Getsemani, il suo silenzio davanti alle domande incalzanti di Erode per giungere al grande silenzio della passione.
L’attesa e il silenzio possono diventare promessa, come dice il salmo 40: «Ho pazientemente aspettato il Signore ed egli si è chinato su di me e ha ascoltato il mio grido».
Forse il Signore in questo tempo ci chiede di aspettare e fare silenzio per aprire il nostro cuore alla sua Parola, ascoltandolo come Maria seduta ai suoi piedi. La Chiesa come siamo stati abituati a viverla, la Chiesa del fare, la Chiesa di Marta lascia spazio all’attesa, al silenzio. È un tempo prezioso di riflessione, di ripensamento anche sul nostro agire pastorale. Lo spirito del Signore ci sta forse chiedendo una con-versione per ritornare al fulcro della nostra fede, a lui che ci ha dato gli strumenti per una vita buona e ci darà cuore, spirito e occhi nuovi per vedere il mondo che ci è stato donato.
Questo spirito nuovo spero ci risvegli la meraviglia, lo stupore, la creatività che nella prassi quotidiana spesso abbiamo abbandonato, troveremo nuove strade per ritornare a relazioni autentiche con i ragazzi e i genitori che siamo chiamati a seguire.
Isabella Tiveron