Attacco Erdoğan alla Francia. Alberto Melloni: “Paragonare l’islamofobia all’olocausto è una bestemmia”
Dopo la decapitazione del professore francese Samuel Paty, le parole choc del presidente turco Erdoğan al presidente francese Macron. Sulle ripercussioni che queste frasi possono avere sull’islam europeo, il prof. Melloni dice: “Sono convinto che gli imam europei e gli imam italiani siano persone sagge. Sanno che da un lato le loro comunità sono oggettivamente insidiate da una islamofobia plebea, che concima il peggio dell’islam e dall’altro da una predicazione integralista che passa dal web e da un reclutamento terrorista che punta ai giovanissimi. Credo che siano perfettamente coscienti che questo costituisca la più grave minaccia che oggi l’islam deve affrontare in Europa”.
“È una bestemmia”. Alberto Melloni, professore di storia del cristianesimo e direttore della Fondazione per le scienze religiose, non ci gira intorno e definisce così l’attacco del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan al presidente francese Emmauel Macron ad una settimana dalla terribile decapitazione di Samuel Paty. Erdoğan non solo ha invitato a boicottare i prodotti francesi, non solo ha denunciato “l’islamofobia” definendola una “peste dei Paesi europei”, ma ha anche aggiunto che “contro i musulmani si sta compiendo una campagna di linciaggio simile a quella contro gli ebrei prima della Seconda Guerra Mondiale”. “E’ una bestemmia”, incalza il professore. “Dal punto di vista storico perché l’islamofobia – che oggi in Europa c’è – non rappresenta certamente il sostrato che forma i nostri regimi politici né una minaccia. Ed è una bestemmia dal punto di vista etico perché quella che ha espresso Erdogan, è una delle tante forme di negazionismo”. E poi aggiunge: “È evidente che le frasi di Erdoğan sono utili per capire la posta in gioco”.
Quale?
L’oggetto del contendere è un problema interno all’universo islamico della umma. Ci sono in concorrenza ipotesi diverse di islam e ci sono persone che si candidano ad esserne la guida non perché abbiano qualche interesse per islam o per il profeta o per il Corano ma perché pensano di capitalizzare politicamente il consenso che questo può creare. È evidente che il mondo wahabita da un lato e i turchi dall’altro, hanno questa ambizione. Lo stesso aveva fatto al Baghdadi fondando il califfato a Raqqa.
C’è una strumentalizzazione interna che va considerata con molta attenzione perché l’islam europeo non è una presenza transitoria.
Ma l’islam europeo ha gli strumenti per combattere questi radicalismi che sono al suo interno?
Ce li ha innanzitutto nella fede perché la dimensione di fede dell’islam non è quella della violenza ma è quella dell’obbedienza a Dio e molto spesso i gruppi terroristici non sono affatto gruppi che hanno una particolare sensibilità religiosa. Possono essere paragonati ai tifosi ultras ma sono violenti e assassini.
Quali problemi ha l’islam europeo di fronte a queste sfide?
Ne ha quattro. L’islam europeo di oggi ha il problema di conoscersi, di riconoscersi, di essere conosciuto e di essere riconosciuto. Di conoscersi perché è chiaro che un ragazzino che oggi cresce in una famiglia di seconda generazione e vive nella condizione del sottoproletariato periferico delle grandi metropoli, ha una conoscenza dell’islam molto modesta e non sarà difficile a qualcuno di connettere la sua frustrazione sociale con una lettura grossolana dell’islam. Ha bisogno di riconoscersi perché l’islam così come si presenta oggi in Europa è un islam plurale. Ha bisogno di essere conosciuto perché ancora oggi se ne parla in maniera rozza e grossolana. Ed ha bisogno di essere riconosciuto perché è chiaro che i diversi sistemi europei hanno una responsabilità che riguarda temi delicatissimi come quelli della libertà religiosa. Libertà religiosa che è da sempre sensibile e sentinella di tutte le altre libertà.
Le frasi di Erdogan e anche le sue azioni di politica internazionale danno purtroppo l’impressione di far parte di un più ampio progetto di espansione neo-ottomana. Quanto questo disegno e queste frasi incidono sul lavoro degli imam europei per la convivenza pacifica delle religioni?
Non credo che il presidente turco abbia un grande seguito spirituale nell’islam europeo. Ma certo, è chiaro che
con la quantità di benzina che c’è sul pavimento, anche una scintilla piccola può essere incendiaria.
E credo che questo sia purtroppo il gioco che sta cercando di fare Erdoğan soprattutto per stigmatizzare quella che è stata la reazione molto forte ad un delitto terribile come quello compiuto contro il professore Samuel Paty.
Se dovesse dare un consiglio agli imam europei per non cadere in questi “giochi”, quale sarebbe?
Sono convinto che gli imam europei e gli imam italiani siano persone sagge. Sanno che da un lato le loro comunità sono oggettivamente insidiate da una islamofobia plebea, che concima il peggio dell’islam e dall’altro da una predicazione integralista che passa dal web e da un reclutamento terrorista che punta ai giovanissimi. Credo che siano perfettamente coscienti che questo costituisca la più grave minaccia che oggi l’islam deve affrontare in Europa. Penso quindi che siano persone che vanno guardate con grande simpatia, attenzione e amicizia perché si trovano in una situazione delicatissima e meritano fiducia. Quelli che non meritano fiducia vanno arrestati.