Arricchiti dalla povertà di Dio. Gli auguri del direttore dell’Ufficio di pastorale della scuola
"Dio era ricco, non aveva bisogno del tempo, ma ha voluto entrarci. E il tempo si è riempito di senso".
Sabato 1° dicembre, nella basilica del Carmine, circa 300 insegnanti e dirigenti si sono incontrati per il ritiro di Avvento in preparazione al Natale. Il tema scelto era tratto da un versetto della seconda lettera ai Corinzi (8, 9): «Da ricco che era si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà» e su di esso il vicario generale, don Giuliano Zatti, ha proposto una splendida meditazione che ha toccato alcune dimensioni esistenziali particolarmente significative. Vorrei richiamarle e rileggerle quale augurio per questo Natale ormai vicino.
1. Il tempo redento
Dio era ricco, non aveva bisogno del tempo, ma ha voluto entrarci. E il tempo si è riempito di senso. Auguro a tutti noi che viviamo nella scuola che il nostro tempo sia un tempo buono, propizio: non possiamo fermare le ore che scorrono rapide e inesorabili, ma ci resta la possibilità di redimerle, riempiendo di qualità il nostro tempo: gli studenti approfittando di ogni occasione per apprendere e conoscere; gli insegnanti per accompagnare i propri alunni alla scoperta della “gusto della vita” (sapienza) e per costruire relazioni buone con i colleghi e i genitori; i dirigenti “liberandosi” dall’ansia della burocrazia per diventare sempre più uomini e donne esperti in relazioni e coordinatori di talenti; il personale tutto, vivendo la logica del servizio “senza tempo”.
2. Nazaret: luogo dell’incarnazione
Dio era ricco, non aveva bisogno di uno spazio, ma si è cercato casa, mettendovi radici. A Nazaret si può stare bene. Auguro a tutti che la scuola possa essere la nostra Nazaret, il luogo della nostra “incarnazione”. Noi siamo invitati ad assaporare la grazia che viene dal rimanere «nel giusto della vita», là dove siamo, al nostro posto e non altrove. La nostra Nazaret, la scuola, è il luogo che il Signore sceglie per il suo Natale. Lo stare a scuola possa diventare sempre più “abitare la scuola”, come casa.
3. Per inizi sempre nuovi
Dio era ricco, non aveva bisogno della storia, ma ha voluto onorarla. Mi affido a Colui che promette: «Io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5). Un altro augurio che traggo da questa riflessione è che ciascuno conservi l’inquietudine della ricerca e rifugga il rischio di “accomodarsi” nella professione, nella situazione familiare, nelle relazioni; che possiamo sempre definirci dei ricomincianti che non hanno timore di compromettersi con la storia nostra personale e di chi ci vive accanto.
4. La Parola e la grammatica
Dio era ricco, non aveva bisogno di parlare, ma la Parola si è fatta carne. E Dio ha disturbato le nostre parole. Da quando la Parola si è fatta carne, Dio ha usato tutto il vocabolario e ha riempito tutte le parole perché non fossero addomesticate, ma contenessero il mistero, il desiderio e la reciproca edificazione. Auguro che le nostre parole siano sempre significative, che non siano mai “parole assassine” che chiudono ogni possibilità o “parole di plastica”, vuoti contenitori che inquinano, ma siano vere: contengano messaggi di autentica solidarietà, attestati di stima e promozione, richiami nello stile della correzione fraterna. E che ci lasciamo un po’ tutti “disturbare” da quella Parola che ha sconvolto il nostro vocabolario. Concludo facendo mia la preghiera che il Vicario ci ha consegnato e che vorrei diventasse la nostra davanti al Mistero del “Dio con noi”: «Per favore, bambino Gesù: scendi davvero dalle stelle, scendi da quel cielo dove ti abbiamo troppe volte rinchiuso e sul nostro vecchio mondo nasca la speranza. Il mondo assomiglia a una grande “sala parto”, dove si aspetta che qualcosa di grande fiorisca». Affinché anche il nostro abitare la scuola diventi “parto fecondo”, ogni giorno.
don Lorenzo Celi
direttore dell’Ufficio di pastorale dell’educazione e della scuola