Arena di pace. Una sola e ostinata rivendicazione: la pace. Parla don Albino Bizzotto

Don Albino Bizzotto ne è stato più volte organizzatore e promotore. Dalla protesta a Comiso alla nascita dei Beati i costruttori di pace, il 18 maggio a Verona porta un messaggio: la costituzione della dichiarazione universale dei diritti di tutti gli esseri viventi

Arena di pace. Una sola e ostinata rivendicazione: la pace. Parla don Albino Bizzotto

Arena di pace. Quasi un ossimoro scegliere di discutere di pace in un’arena, luogo di scontri per antonomasia. Invece Arena di pace 2024, a Verona sabato 18 maggio vede la presenza di papa Francesco che della pace è testimone, qui in dialogo con i movimenti, le associazioni e le realtà della società civile coinvolte in un percorso aperto e partecipativo promosso dalla Diocesi di Verona e da Fondazione Nigrizia onlus, Missione oggi, Aggiornamenti sociali, Fondazione Giuseppe Toniolo, Mosaico di pace, Avvenire, Nigrizia. L’Arena di pace 2024 riprende l’esperienza delle Arene di pace degli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, perché dallo scenario internazionale nasce «l’urgenza di interrogarsi in modo serio su come può essere intesa la pace nel contesto odierno e su quali processi si possono intraprendere per costruirla» spiegano gli organizzatori. La prima Arena di pace si tenne il 4 ottobre 1986: una data simbolica perché Giornata della pace, della fraternità e del dialogo tra appartenenti a culture e religioni diverse, in onore dei santi patroni d’Italia san Francesco d’Assisi e santa Caterina da Siena. A organizzarla c’era anche don Albino Bizzotto, fondatore del movimento Beati i costruttori di pace, che nasce proprio dopo la “sconfitta” di Comiso quando fallì la protesta pacifista contro l’installazione di missili Nato all’aeroporto della cittadina siciliana, mentre a Ginevra proseguiva la trattativa per il disarmo: «Quando sono tornato da Comiso dopo il digiuno c’era una grande delusione; i comitati che erano nati si erano organizzati con la sconfitta addosso e questo, di per sé, non costruisce. Emergeva però una novità grazie ai missionari che arrivavano dall’Africa e dal Sud America e che avevano una sensibilità diversa, così li ho invitati al Seminario di Vicenza nel novembre 1985. Ed emergeva anche all’interno della Chiesa una sensibilità forte e nuova: noi abbiamo posto il problema della pace e l’analisi dei missionari non era più est-ovest ma nord-sud: da una parte fame e dall’altra ricchezza esagerata». Così è nato un primo appello dei Beati in cui si legge: «È tempo che il problema della pace, connesso con quello del sottosviluppo, entri come centrale nella vita delle nostre comunità, nella catechesi e nell’impegno di associazioni, gruppi e movimenti. Siamo in stato di peccato e urge quindi una conversione». Sul documento seguì una raccolta di firme tra preti, frati e suore: «Ne raccogliemmo 15 mila nel Triveneto. Cosa ne facciamo? E se facessimo un’arena? Incontri per organizzare un’azione pacifista, ma doveva essere per tutti, non solo ecclesiale perché la pace è di tutti. Tutti possono fare la pace così da subito abbiamo collegato il “mondo che non contava” con i vari aspetti: Sudafrica con l’apartheid, il Sud America con le colonizzazioni, i missionari, la novità di padre Alex Zanotelli in Africa e i pacifisti del Nord Europa, e l’intreccio si è allargato – continua don Bizzotto che negli anni ha organizzato sei Arene di pace –Ci siamo messi a lavorare sull’obiezione di coscienza ed è arrivato lo scontro col Governo che non voleva interferenze sul problema delle armi, ma la polemica ha esaltato le nostre proposte, ha portato in primo piano quello che per la gente era importante». Quarant’anni fa la sconfitta venne trasformata in energia... e oggi? «Mantengo una grande speranza: che con così tanto dolore le persone riescano a muoversi. Una sofferenza così grande non può non generare cambiamento. In Israele e Palestina non sono tutti polarizzati. Nella messa del Giovedì santo ho letto brani di persone che si esprimono contro la guerra, uno recitava: “In nome di mio padre non scrivete un nome sui missili, lui sapeva e voleva la pace…”. Sono convinto che questo produrrà frutti anche se in questo momento non sembra, non durerà a lungo questa situazione e penso che ce la faremo. Il senso di impotenza di fronte alla sofferenza ha coinvolto tutti, ma c’è anche una sofferenza che non accetta la logica che viene adoperata dal potere». Ma quali frutti hanno prodotto le Arene in questi anni? «Animazione popolare condivisa e la rottura di tutti gli schemi ideologici che ci portiamo dietro, necessariamente per l’identità che acquistiamo ogni volta che facciamo qualcosa insieme ad altri, e anche il superamento della divisione: i Beati sono un’associazione laica e quest’anno c’è la necessità di esprimere questa volontà a livello comunitario: la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo è antropocentrica ma se noi continuiamo a considerare la Terra semplicemente come il luogo in cui noi ammassiamo il nostro ingegno, il nostro lavoro, ma anche la nostra proprietà e la nostra volontà di speculazione, la Terra non respira più. All’Arena dico che sto lavorando alla dichiarazione universale dei diritti di tutti gli esseri viventi, anche delle piante. Penso che l’impostazione che il vescovo ha dato sia strategica e il valore dell’arena sarà nella capacità di queste persone che ancora hanno il desiderio di ritrovarsi e non di rivendicare un’identità, ma di mettersi tutti insieme per rivendicare la pace. Io penso che da questo nasceranno comunque novità e impegni che saranno in grado di ridare fiducia».

Un doppio collegamento dalla Terra Santa
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Papa Francesco partecipa ad Arena di pace dalle 10.15 e risponde a temi come migrazioni, ecologia integrale, lavoro, diritti e democrazia, disarmo. È in programma un doppio collegamento con la Terra Santa, uno in Israele e uno in Cisgiordania, come simbolo di incontro tra israeliani e palestinesi. Diretta su Rai 1 dalle 9.55 e su Tv7 dalle 12 alle 13 e dalle 14.30 fino a fine celebrazioni.

Gli ospiti

Assieme ai volti storici di Arena di pace come padre Alex Zanotelli e don Luigi Ciotti, presenti anche Vanessa Nakate, attivista ugandese contro il cambiamento climatico; Mahbouba Seraj, giornalista afghana e candidata al Nobel per la pace; Joao Pedro Stedile, economista e attivista sociale brasiliano; Andrea Riccardi, fondatore nel 1968 della Comunità di Sant’Egidio.

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