Angoli di paradiso, tra fiction e realtà. Il turismo di massa ha rivoluzionato la vita e il traffico nei paesi resi celebri da cinema e tv
Ogni anno nella stagione estiva centinaia di migliaia di persone assaltano piccoli paesi "fotogenici" e ora i residenti dicono basta
“L’estate nella città di Arendelle non potrebbe essere più calda e soleggiata, ma tutto sta per cambiare. Per sempre”.
Sono trascorsi 10 anni da quando, nel 2013, la Walt Disney ci ha portati su un fiordo della penisola scandinava alla scoperta del regno di Arendelle. Un luogo di fantasia che fin da subito, per la sua suggestiva bellezza, ha lasciato tutti, grandi e piccoli, a bocca aperta. E così, seguendo le orme di Elsa, Anna, Kristoff, Sven e il simpatico Olaf, fan di ogni età si sono messi in viaggio da ogni parte del mondo per raggiungere quel luogo fantastico. Perché, per chi ancora non lo sapesse, il regno di Arendelle esiste veramente. I creatori di “Frozen”, infatti, si sono lasciati ispirare da un paesino austriaco, sospeso tra le acque del lago e la montagna.
Situato nella regione del Salzkammergut, nell’Alta Austria, Hallstatt è un piccolo centro abitato di circa 900 abitanti, che si affaccia sull’omonimo lago e che dista un’ora di macchina da Salisburgo. Dal 1997 è stato dichiarato Patrimonio dell’umanità Unesco. In questo minuscolo paesino, che ha una superficie di meno di 60 km quadrati, si trova la miniera di sale più antica del mondo, che risale addirittura a 7mila anni fa. Ma non è certo il sale ad aver reso Hallstatt famoso in tutto il mondo. Il regno fantastico di Arendelle pare essere infatti la copia del paesino austriaco, dove, con l’uscita nelle sale del film di animazione Disney, tutto è cambiato. Per sempre. Dal 2009 al 2019 i turisti che arrivavano in una giornata ad Hallstatt sono passati da 100 a 10mila. E negli ultimi mesi le presenze sono ulteriormente aumentate. Il turismo di massa ha rivoluzionato la vita e il traffico nel paese e ora i residenti dicono basta. Lo scorso 27 agosto in 150 – tra cui anche il sindaco Alexander Scheutz – sono scesi in strada bloccando per un quarto d’ora – dalle 12.20 alle 12.35 – l’accesso al tunnel che, benché creato per bypassare il villaggio, è diventato il simbolo di quel “overtourism” che la comunità si trova a fronteggiare. Un’azione di protesta che non è passata inosservata. La notizia è rimbalzata sui media di tutto il mondo e diverse troupe televisive hanno ripreso la manifestazione. “Non è possibile che gli interessi dei turisti vengano anteposti al benessere degli abitanti”, commenta Friedrich Idam, segretario del gruppo civico “Cittadini per Hallstatt”. In primavera il sindaco aveva deciso di erigere delle barriere temporanee per ostruire parzialmente la vista e dissuadere i turisti dall’affollare il belvedere per farsi i selfie da postare sui social media. Ma non è durata a lungo. Dopo poche settimane le barriere sono state rimosse.
La gente di Hallstatt teme che il peggio debba ancora venire. “Siamo un museo a cielo aperto e gratuito – sottolinea Idam –. Nel 2024 la regione del Salzkammergut sarà capitale europea della cultura e sicuramente arriveranno ancora più visitatori”.
Il turismo di massa non è solo un problema a Hallstatt. Ne sanno qualcosa gli abitanti di Braies. Ogni anno nella stagione estiva centinaia di migliaia di persone salgono in val Pusteria per trascorrere qualche ora “a un passo dal cielo”, così come recita il titolo della fiction di Raiuno con Terence Hill che fatto conoscere in tutto il mondo questa perla dei laghi alpini. Abbracciato dalle Dolomiti in un paesaggio fiabesco, il lago di Braies è una delle mete più ambite per il popolo dei selfie. Le sue acque turchesi, ai piedi della Croda del Becco (in tedesco Seekofel e in ladino Sass dla Porta, 2.810 m) sono state elette come una delle capitali del turismo dei selfie. A bordo di una delle barche a remi con, sullo sfondo, l’incanto della montagna a picco sul lago: un diluvio di scatti da pubblicare sui social e un fiume di turisti al lago, preso letteralmente d’assalto. Fino a 7mila auto ogni giorno.
Quest’anno, il Comune di Braies, in accordo con la Provincia, ha provato ad arginare il fenomeno. Per cercare di salvaguardare l’ambiente che circonda questa piccola perla color smeraldo incastonata tra le Dolomiti, dal 10 luglio al 10 settembre è stato vietato il transito di tutti i mezzi di trasporto privati dalle 9.30 alle 16. Dopo aver parcheggiato nella frazione di Ferrara, i turisti possono arrivare al lago solo a piedi, in bici, utilizzando i bus di linea o, ancora, il servizio navetta da Monguelfo. Chi vuole arrivarci con la propria auto, deve prenotarsi sul portale online e pagare un ticket di 40 euro (in cui sono compresi 20 euro di voucher per ristoranti e shop).
La fiction di Raiuno ha reso famosa la palafitta con la passerella in legno, dove sono ormeggiate le barche a remi, ma tanti altri sono i luoghi attorno al lago, che portano “a un passo dal cielo”. Come la Marienkapelle, la chiesetta dedicata alla Divina Madre Dolorosa, voluta da Eduard Hellensteiner e costruita nel 1904 per gli ospiti e i dipendenti dell’hotel Lago di Braies, di cui Hellensteiner era il proprietario. Eduard, però, non fece in tempo a partecipare alla sua consacrazione, avvenuta il 3 luglio 1904. Nella chiesetta si recò a pregare anche l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austro-ungarico, poco prima del suo assassinio a Sarajevo, il 28 giugno 1914, causa scatenante della prima guerra mondiale. L’hotel e la Marienkapelle sono stati teatro anche di uno degli ultimi episodi della seconda guerra mondiale, avvenuti in Italia. Sul finire dell’aprile 1945, le SS portarono nella struttura sulle rive del lago di Braies 141 prigionieri illustri provenienti dal campo di concentramento di Dachau (tra questi c’erano anche il figlio del maresciallo Pietro Badoglio e il vescovo francese di Clermont-Ferrand Gabriel Piguet). Hitler aveva deciso che dovevano essere giustiziati in quel luogo. La mattina dal 4 maggio 1945 alle 6.45 arrivò al lago di Braies la prima pattuglia americana e tutti i prigionieri vengono liberati.
La Marienkapelle non è l’unica chiesa legata ad un lago alpino, che è conosciuta oltre i confini nazionali. C’è anche il campanile dell’ex chiesa parrocchiale di Santa Caterina a Curon Venosta, che sbuca dalle acque del lago di Resia e sul quale, proprio in questi giorni, sono tornati ad accendersi i riflettori dei media. Un tempo il campanile era dotato di due orologi. Il più recente dei due è stato spostato nella nuova chiesa, costruita dopo che nel 1950 l’abitato di Curon venne sommerso e i due precedenti laghi vennero unificati. Del più antico, invece, si erano perse le tracce. A ritrovare trent’anni fa il meccanismo, costruito nel 1721, è stato Karl Platino.
Onkel Taa – questo il soprannome con cui è conosciuto Platino – lo ha acquistato insieme ad altri due movimenti di orologi da un collezionista e falegname di Brunico e lo ha inserito nella collezione del Museo reale e imperiale Bad Egart, che in 50 anni di ricerche e raccolte ha creato a Tel (Parcines, Merano). “Ora desidero che l’orologio torni al suo posto, a Curon – ha detto lo scorso 26 agosto, consegnando l’antico meccanismo al sindaco Franz Prieth –. Ho ricevuto un organo in dono e ora desidero fare io un dono alla comunità e alla parrocchia. L’unica cosa che chiedo è che venga intitolato a s. Caterina”. “Sarà esaudito con piacere”, garantisce Prieth. In futuro l’orologio tornerà nell’area del campanile, che deve essere riqualificata. Nel frattempo verrà esposto nell’ufficio del sindaco, nel municipio di Curon.