Mi metto al poggiolo con Lui e guardiamo alla mia giornata
L’ultima domanda, ma senza peli sulla lingua: come faccio a non allontanarmi dall’accompagnamento spirituale?
Ormai, caro Cleopa, ci conosciamo. Anche tu conosci la tua storia con quello straniero riconosciuto come il Signore. “Riconosciuto” è esattamente la risposta che voglio dare alla tua domanda. Perché una volta che l’avete riconosciuto, tu hai detto: «Non ci ardeva forse il cuore mentre ci spiegava le Scritture lungo la via?» (Lc 24,32). Una volta che hai riconosciuto Gesù sei stato capace di leggere anche il tuo cuore dall’interno. Riconoscere che cosa è successo dentro il tuo cuore ogni giorno, dopo che hai riconosciuto di essere alla sua presenza, è quello che è opportuno fare per continuare ad andare dalla tua guida. Te lo spiego meglio. Succede anche a me di perdere la brillantezza della vita spirituale.
Inizio sempre con il non essere più davanti a Gesù. La mia preghiera diventa meccanica, la mia vita abitudinaria, i miei ritmi normali. Per cui pregare è recitare, vivere è adempiere, fare è dovere. E mi trascino il tutto per molto tempo. Perché? Perché non ho saputo leggere i moti del mio cuore davanti a Gesù e con Gesù. Non so se fai ancora l’esame di coscienza che ti hanno insegnato sin da piccolo. Ti si chiedeva di metterti davanti a Gesù. E di guardare con lui il tuo cuore con i suoi movimenti. Come due persone al balcone dal primo piano che guardano i passanti sotto di loro. Io me lo immagino così l’esame di coscienza. Al balcone della mia giornata, io e Gesù, a guadare i pensieri che sono passati nel giorno, i sentimenti e le emozioni. Io e Gesù a guardare le mie azioni e anche le mie intenzioni. In questo modo parte un dialogo tra me e lui.
Ogni sera mi fermo su tre cose in questo chiacchierata. Ho “passaggi e passanti” di cui ringraziare. E Gesù lo fa con me. Ho altre cose che passano sotto a quel poggiolo di cui vergognarmi sulle quale invoco il suo perdono. Anche qui Gesù le guarda con me. Da qui il terzo momento che è una richiesta: di aiutarmi nel giorno successivo nel proposito che ho scelto, chiedendogli di formularlo alla mia portata, abbassando il tiro se occorre. Insomma, questo movimento serale, lo stesso che hai fatto tu da Emmaus a Gerusalemme, la stessa lettura postuma del tuo cuore avendo intuito che Gesù, riscaldandotelo, lo stava guardando con te, questo esame di coscienza, è ciò che ti aiuta a non allontanarti dalla vita spirituale. Ti abilita a guardare le cose insieme perché da quel poggiolo potresti anche interpretare male se tu fossi solo e ti rinvia a qualcuno che ti aiuti a dare ai passi il ritmo della speranza.
Il “riconoscere” parte sempre dall’interno, da questo allenamento disciplinato che è l’esame di coscienza fatto con i tuoi e i suoi occhi insieme. L’esame ci riporta sempre a un voto e a un giudizio altrui. Ma è una parola che fa bene. Perché la scoperta dello sguardo altrui sulla mia giornata è la benevolenza che tante volte io non riesco ad avere su di me. E questa benevolenza, quella del Cristo, mi abilita al cambiamento. Davvero su quel poggiolo in due si sta bene, anche se stanchi della giornata! E quel “due” non smette di richiamare alla mia e alla tua coscienza quella cara guida con la quale il Signore mi sta accompagnando.