L'essenziale è rimanere con Dio. Lui è fonte di ogni santità
Santi imperfetti. Abramo e Pietro «anche in mezzo a imperfezioni e cadute – scrive papa Francesco nella Gaudete et exsultate – hanno continuato ad andare avanti»
A volte mi chiedo cosa abbiano di edificante alcuni personaggi della Bibbia; mi domando perché continuiamo a leggere le loro vicende, che non sono state sempre propriamente esemplari.
Penso ad Abramo, nostro padre nella fede. Certo, tutto inizia con un atto di fiducia immenso. Un giorno Dio gli dice: «Lascia tutto, va’ nella terra che ti indicherò, e farò di te una grande nazione». Lui si fida e parte. Nota bene che lui e la moglie Sara non potevano avere figli: come vuoi che facessero a diventare una grande nazione? E poi è la prima volta che Dio gli parla, ancora non lo conosce, non ha nessuna prova che questo Dio mantenga le sue promesse. Eppure Abramo si fida.
Però poi gli viene in mente che forse conviene avere a disposizione un piano B, e prende con sé il nipote Lot, che era rimasto orfano; non si sa mai: avrebbe potuto diventare lui il suo erede, nel caso in cui i figli non fossero arrivati. E quando Lot si separa da lui per motivi economici, gli viene in mente che forse avrebbe potuto “adottare” uno dei suoi servi, Eliezer; sempre per avere qualcuno a cui affidare il futuro della sua famiglia.
Ma ecco che Dio gli parla di nuovo e gli dice: «Abramo, fidati; ti ho detto che uno nato da te sarà tuo erede». E Abramo si fida. Di nuovo. Ma poi gli anni passano e l’erede non arriva, e allora decide di fare un figlio con la schiava Agar, visto che Sara era sterile. E Dio interviene ancora, gli chiede la fiducia per l’ennesima volta; e per l’ennesima volta Abramo gliela accorda. Nascerà Isacco, perché il Signore è fedele alle sue promesse; e Abramo si fida di lui, fino al punto di essere disposto a sacrificare il figlio tanto atteso, se a chiederglielo fosse stato Dio (cfr. Gen 22; cosa che, come sappiamo, non avverrà; ma è importante sapere che Abramo sarebbe stato disposto a farlo, tanto si fidava di Dio).
Mi stupisce sempre Abramo, perché nella sua vita si alternano momenti di grande fiducia a momenti di scoraggiamento; giorni in cui segue la parola di Dio a giorni in cui cerca soluzioni alternative. E poi non era neanche troppo coraggioso. Un giorno scese in Egitto e il faraone si invaghì di Sara, e per paura che il re d’Egitto lo uccidesse per rubargli la moglie, inventò la storia che in realtà Sara non era sua moglie ma sua sorella, e che il faraone avrebbe potuto pure prendersela, lui non si offendeva. Per fortuna che è intervenuto Dio a sistemare il pasticcio…
No, Abramo non era un eroe. Mi fa venire in mente Pietro, che a volte era pronto a dare la vita per Gesù, ma poi prendeva paura ed era costretto a ritirarsi con la coda tra le gambe. Eppure alla fine, quando Gesù gli chiede: «Mi ami?», gli risponde: «Signore, tu sai tutto, tu sai che – nonostante tutti i miei errori – io ti voglio bene».
Mi piacciono questi santi così imperfetti, perché mi ricordano che l’essenziale è rimanere con Dio; è lui la fonte di ogni santità, come dice la preghiera eucaristica seconda. È rimanere con lui, o ritornare dopo che ci si era allontanati, l’unica cosa che conta. Scrive così papa Francesco nell’esortazione apostolica sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo, Gaudete et exultate: «Forse la loro vita non è stata sempre perfetta, però, anche in mezzo a imperfezioni e cadute, hanno continuato ad andare avanti e sono piaciuti al Signore». È un’idea che aveva già detto ai giovani, durante la sua visita in Perù (21 gennaio 2018): «Dio non vi chiede di avere un cuore perfetto, ma un cuore che sia capace di amarlo sopra ogni cosa, pur con i propri limiti e nonostante i peccati».