A di adulti - L’evaporazione degli adulti in politica
Dove sono gli adulti capaci di strategie lungimiranti e non solo in cerca del consenso? L'alfabeto della politica parte dalla "A" di adulti.
Erano passati alcuni giorni e una diciottenne, colpita dalla visione antropologica del Magistero sociale della Chiesa che avevo presentato durante un incontro in parrocchia, mi confida: «Durante la simulazione della maturità ho sviluppato il tema di italiano a partire da ciò che hai detto l’altro giorno».
Incredibile, una giovane ha riflettuto su quella che, in linguaggio tecnico, viene definita la questione antropologica. Nonostante il parolone – anthropos in greco, si traduce con uomo – il significato di questo concetto è molto semplice: a partire dalla visione di uomo che si ha in mente si costruirà anche un modello di società. Se, per fare un esempio, si concepisce l’uomo come un essere che per vivere ha bisogno di mangiare, bere, divertirsi, la politica cercherà di soddisfare questi bisogni primari. Al contrario, se lo stesso uomo per realizzarsi pienamente oltre a quello ha bisogno anche di relazioni, dialogo, cultura, bellezza, gratuità, amore, la politica non può non tenerne conto.
A quale tipo di antropologia fa riferimento l’agire politico? Che tipo di uomo sottende alle sue scelte? La risposta è tanto semplice, quanto infelice: un uomo che ha perso la classica età di mezzo.
Nel suo libro, Senza adulti, pubblicato nel 2016, Gustavo Zagrebelsky ci pone di fronte a questa realtà: la scomparsa degli adulti, l’evaporazione di una delle tre classiche età della vita. La giovinezza è la sola veramente degna di essere vissuta, mentre la seconda è un inevitabile, traumatico e veloce tracollo della prima: si passa così dalla giovinezza alla vecchiaia, senza mai passare per l’età adulta.
«Guardiamoci attorno – scrive l’eminente giurista – Dove sono gli uomini e le donne adulte, coloro che hanno lasciato alle spalle i turbamenti, le contraddizioni, le fragilità, gli stili di vita, gli abbigliamenti, le mode, le cure del corpo, i modi di fare, persino il linguaggio della giovinezza?».
La sola dimensione dell’individuo, della società e del pensiero sembra essere rimasta quella giovanile, e la politica, purtroppo, ne è rimasta pesantemente influenzata. Il paziente e sapiente argomentare è stato sostituito dal gridare brevi ed efficaci slogan infantili. La fatica di andare in profondità alle questioni, è stata rimpiazzata dal continuo rincorrere la “pancia” e gli umori di chi è sempre alla ricerca di risposte istantanee e a costo zero. Inoltre, si tende a semplificare, fino all’eccesso, la complessità del reale, senza tener conto di quanto sia complicato il mondo e di come sia indispensabile una visione d’insieme. Dove sono gli adulti capaci di elaborare strategie lungimiranti, senza preoccuparsi solo del consenso? Le classiche ideologie di destra o di sinistra sono state sostituite dal sondaggio d’opinione, traduzione adolescenziale del desiderio di una gratificazione immediata, secondo una logica del carpe diem, frutto di sentimenti ambivalenti di onnipotenza e insicurezza tipici della prima età della vita.
Non si vuole qui pregiudicare la possibilità ai giovani di fare politica, anzi, il loro impegno è necessario per spingere gli adulti dentro il loro alveo esistenziale: l’età di mezzo. I giovani stessi chiedono di avere davanti adulti capaci di segnare il passo e non dei ridicoli pappagalli, per usare la tagliente ironia di Pirandello nel suo studio sull’Umorismo, intenti a scimmiottare un’età che non gli appartiene più.