Sudan, l’appello dell’arcivescovo di Khartoum: “Il Paese ha bisogno di pace”
La Chiesa cattolica sta preparando, insieme ai leader delle Chiese cristiane del Sudan, una lettera da indirizzare al Consiglio militare e a chi rappresenta le proteste di piazza per chiedere la pace. A parlare al Sir è mons. Michael Didi Adgum Mangoria, arcivescovo di Khartoum, descrivendo un clima di tensione ancora alto in città. I negozi sono chiusi e la gente non riesce a trovare cibo, molte strade sono interrotte
100 morti in pochi giorni a Khartoum, in Sudan, secondo fonti ospedaliere. Per il ministero della salute invece sono 46. Dal 3 giugno è questo il bilancio delle vittime della repressione compiuta dalle forze paramilitari sui manifestanti che portano avanti un sit-in pacifico davanti al quartier generale dell’esercito. I militari avevano prima appoggiato le rivendicazioni della popolazione, riuscendo a mettere in atto una rivoluzione non cruenta, che ha portato alla deposizione del presidente Omar Al Bashir, dopo trent’anni di dittatura. Il Consiglio militare ha invece cancellato tutti gli accordi raggiunti con le organizzazioni che guidano la protesta e annunciato elezioni tra 9 mesi. Ma la piazza non è d’accordo e continua a manifestare. In questi giorni, racconta al Sir monsignor Michael Didi Adgum Mangoria, arcivescovo di Khartoum, la tensione è ancora alta in città. I negozi sono chiusi e la gente non riesce a trovare cibo, molte strade sono interrotte. L’arcivescovo di Khartoum, guida una delle due diocesi del Sudan (l’altra è la suffraganea di El Obeid), che comprende ben 10 Stati, per un totale di circa 2 milione di cattolici su oltre 40 milioni di abitanti. Molti sono rifugiati sud sudanesi. La Chiesa cattolica sta preparando, insieme ai leader delle Chiese cristiane del Sudan, una lettera da indirizzare al Consiglio militare e a chi rappresenta le proteste di piazza, per chiedere la pace.
Com’è oggi la situazione a Khartoum?
La situazione è precipitata da lunedì mattina. Le persone, tra cui moltissimi giovani, stavano protestando davanti ai militari. Sono stati attaccati dalle forze di sicurezza. Anche oggi si sono radunati, e pregano per le vittime.
Era stato raggiunto un accordo tra la piazza e i militari. Perché poi è tutto precipitato?
I leader militari hanno detto che avrebbero cancellato l’accordo così le persone hanno risposto con le proteste di piazza. La tensione è alta.
Come comunità cattolica vi sentite al sicuro o siete preoccupati per quanto sta accadendo?
Io non vivo nella cattedrale perché è danneggiata, l’episcopato è in un’altra sede. Sono andato domenica mattina in cattedrale per celebrare la messa, le strade erano bloccate ma le persone sono venute lo stesso. Abbiamo avuto comunque molti fedeli alla messa delle 7.30 in arabo e a quella delle 9.30 in arabo.
Quali sono le vostre speranze riguardo al futuro del Sudan?
Il Consiglio militare deve pensare bene a come relazionarsi alla popolazione sudanese e trovare un modo per trattare con la gente senza versare altro sangue. Tante persone sono morte, molti sono arrabbiati e continuano a manifestare in strada. Non sembra che la situazione potrà risolversi tanto presto, ci sarà bisogno di un po’ di tempo perché torni la calma. Noi invitiamo alla preghiera e alla prudenza.
Pensa che ci possano essere ingerenze da parte di altri Paesi?
Penso di sì, è già accaduto tempo fa. Purtroppo ci sono interessi che non tengono conto del bene della popolazione.
Come vescovi del Sudan avete fatto un appello per la pace?
Non ancora. Al momento stiamo preparando, insieme al Consiglio delle Chiese cristiane in Sudan, una lettera da indirizzare al Consiglio militare e a chi rappresenta le proteste di piazza.
I cattolici prendono parte alle proteste della piazza?
Prima di tutto siamo sudanesi, quindi sicuramente ci saranno anche molti giovani cattolici tra loro. In piazza ci sono soprattutto le nuove generazioni, che sono la maggioranza della popolazione.
Qual è il suo appello alla comunità internazionale?
Il mio appello è: aiutate la popolazione del Sudan non solo per gli interessi economici ma per risolvere i problemi e trovare la pace.
Devono parlare della gente che soffre, dei rifugiati, il Paese ha bisogno di pace. E pregate per noi, non vi dimenticate di noi.