Sempre più cocaina nelle acque reflue di Milano. “Non è più droga del weekend”
Nel rapporto dell’Emcdda, l’Osservatorio sulle droghe di Lisbona, i dati di circa 80 città europee. In dieci anni di rilevazioni dell’Istituto Mario Negri, dati quasi raddoppiati. Aumentati i consumi o la purezza della cocaina? Gatti, direttore ricerche dipendenze Asst Santi Paolo e Carlo: “Ai servizi casi sempre più complessi, ma è presto per misurare le conseguenze della pandemia”
I lockdown e le limitazioni imposte dalla pandemia da Covid-19 non hanno fermato il flusso di cocaina a Milano. Il dato emerge in modo chiaro dall’ultimo rapporto dell’Emcdda - l’Osservatorio europeo sulle droghe di Lisbona - che nei giorni scorsi ha pubblicato un report con le analisi delle acque reflue di diverse città europee. Se è presto per affermare che ci sia un aumento nel numero dei consumatori, i dati dicono che tra il 2020 e il 2021 negli scarichi del capoluogo lombardo c’erano più tracce di cocaina di quante se ne sono ritrovate negli anni precedenti. In Italia è l’Istituto Mario Negri ad occuparsi delle rilevazioni che vengono riportate nel rapporto dell’Osservatorio di Lisbona. Dati non facili da consultare se presi singolarmente e che necessitano di ulteriori indicatori e analisi per essere meglio contestualizzati. Tuttavia, i trend sul lungo periodo descrivono bene il flusso di alcune sostanze stupefacenti nella città. A spiegare i dettagli delle analisi a Redattore Sociale è Sara Castiglioni, capo dell’Unità di Biomarkers ambientali dell’Istituto Mario Negri. I dati sulla cocaina ottenuti dalle rilevazioni condotte su uno dei depuratori di Milano, da cui passano le acque reflue provenienti da metà città, ci dicono “che il quantitativo è aumentato - spiega Castiglioni -, ma servono altri indicatori per spiegare a cosa è dovuto questo aumento. Ad esempio può dipendere dalla purezza della sostanza. Per la cannabis, in alcune città europee, si è visto un aumento del principio attivo e questo conta molto. La purezza della cocaina può influenzare il dato”. I numeri sulla cocaina a Milano pubblicati dall’Emcdda mostrano un decennio diviso in due: se dal 2011 al 2015 c’è stato un calo del metabolita intercettato nelle acque reflue, dal 2016 in poi - con una piccola eccezione nel 2019 - il trend ha fatto registrare una netta crescita con un picco proprio nel 2020 (l’anno della pandemia) con dati raddoppiati rispetto al 2015 . “Nel tempo abbiamo già rilevato dei cambiamenti - racconta Castiglioni -. Uno di questi l’abbiamo notato dal 2008 al 2009 quando abbiamo registrato una riduzione molto marcata del consumo di cocaina a Milano. Il periodo, infatti, coincideva con quello della crisi economica”. La tecnica dell’analisi delle acque reflue, messa a punto proprio dall’Istituto Mario Negri nel 2005, nel tempo si è affinata. “Questo studio viene fatto su una città in una settimana dell’anno, perché per fare un monitoraggio così ampio su tutta l’Europa ci dobbiamo focalizzare sui dati di una settimana, quindi 7 giorni esatti, perché così riusciamo anche a vedere l’andamento settimanale del consumo delle sostanze - specifica Castiglioni -. Generalmente cerchiamo di effettuare il campionamento sempre nello stesso periodo dell’anno, in primavera, e tentiamo di avere una settimana rappresentativa, ovvero senza feste o eventi particolari”. Inoltre, aggiunge Castiglioni, le analisi non vengono effettuate nei giorni di pioggia, poiché può capitare che il depuratore non tratti tutta l’acqua in arrivo. Tuttavia, nei dati, possono esserci comunque alcune “fluttuazioni” - si veda per esempio il dato del 2019 - ed è per questo che rispetto al singolo dato di un anno, “ha più senso osservare il trend su più anni”, aggiunge Castiglioni. A confermare la crescita del consumo di cocaina a Milano negli ultimi dieci anni è Riccardo Gatti, direttore del Dipartimento Interaziendale Prestazioni Erogate nell’Area Dipendenze e Programma, Studi e Ricerche nell’Area delle Dipendenze della Asst Santi Paolo e Carlo di Milano. “È aumentato perché questa sostanza ormai viene offerta con tagli e prezzi che vanno bene a tutti. È diventata una sostanza da mass market e non più da élite. Poco per volta ha avuto una distribuzione più ampia e il relativo successo”. Tuttavia, i dati pubblicati nel rapporto dell’Emcdda, per Gatti, non sono sufficienti per avanzare ipotesi su un aumento del numero dei consumatori. “Questo dato può voler dire tante cose - spiega Gatti -. Dai metaboliti nelle acque reflue non si riesce a capire se si stanno usando dosaggi più alti nello stesso numero di persone, se è aumentato il dosaggio dei preparati o se invece ci sono più persone che ne fanno uso. È un metodo di osservazione che va accompagnato necessariamente da altri indicatori”. Altrettanto difficile è stabilire se con la pandemia possano essere cambiati gli stili di consumo. “È ancora presto per misurare le conseguenze della pandemia sui fenomeni che osservano i servizi - spiega Gatti -. Alcune cose si vedono: tra il 2020 e il 2021, così come è successo per altri servizi sanitari, il numero delle persone che si sono rivolte ai servizi è calato, sebbene questi ultimi fossero assolutamente aperti e funzionanti. Ma il numero delle persone che sono venute ai nostri servizi è diminuito in parte perché le persone avevano paura di andare ovunque - sono diminuite pure le visite cardiologiche per dirne una - e dall’altra parte anche perché le attività di tipo prefettizio e giudiziario hanno avuto un rallentamento. Con il 2021 c’è stata una risalita dei nuovi arrivi, però non è stato ancora recuperato il normale regime degli arrivi dei pazienti ai servizi”. Per Gatti, però, negli ultimi 5 anni - quindi compresi quelli della pandemia - non sembra ci sia stato un aumento dell’uso di cocaina. “Ce n’è tanta, ma non direi che sta aumentando - spiega -. In questo momento a me sembra in una situazione stazionaria. Quello che però notiamo negli ultimi anni, e non so se è in relazione alla pandemia o ai tempi, è che le persone che arrivano da noi hanno situazioni sempre più complesse e non solo per un motivo specifico. Hanno situazioni più gravi con l’uso di sostanze, dal punto di vista degli effetti oppure perché hanno più disturbi di tipo mentale associato. Oggi è più complicato costruire interventi su misura per loro e questa cosa la notano tutti i nostri operatori. Mi chiedo se la cosa non sia collegata a principi attivi sempre più alti". Uno scenario, quest’ultimo, che troverebbe un riscontro proprio nei dati raccolti dall’Istituto Mario Negri. Per Gatti, infatti, il mercato della cocaina non è solo quello del “boschetto” di Rogoredo. “Probabilmente lì il cliente si accontenta di quello che c’è, l’importante è pagare il meno possibile qualcosa che faccia effetto - spiega -. Durante il lockdown, quello che a mio parere ha compensato e potenziato il mercato è stata la vendita a domicilio. Non è un’invenzione, in passato si faceva di meno, ma con la pandemia ha avuto un buon rinforzo sia nella distribuzione e forse anche nei consumi. Questo tipo di mercato è probabilmente quello che regge tutta la baracca”. Principi attivi più alti, ma non solo. La cocaina non è più - o forse non lo è mai stata - la droga del weekend. Chi ne fa uso, la utilizza lungo tutta la settimana. E anche in questo caso, sono proprio i dati diffusi dall’Emcdda a confermare questa ipotesi. Dai metaboliti della cocaina intercettati nelle acque reflue, infatti, emerge una differenza minima tra i quantitativi rilevati nei giorni infrasettimanali e quelli del fine settimana. “Chi usa cocaina la fa anche a scopo prestazionale - spiega Gatti -. Non viene assunta solo nel weekend perché non è una sostanza da sballo”. Anche i dati europei provenienti da altre città mostrano un incremento dell’uso della cocaina. “L'uso di cocaina rimane più alto nelle città dell'Europa occidentale e meridionale - si legge in una nota dell’Emcdda -, in particolare nelle città del Belgio, dei Paesi Bassi e della Spagna”. Così come registrato a Milano, anche in altre città europee il quantitativo di cocaina nelle acque reflue è risultato piuttosto stabile tra il 2011 e il 2015. Dal 2016, l’aumento nella maggior parte delle città. E anche il 2021 mostra un incremento rispetto al 2020 in 32 città su 58. Nel mondo delle sostanze stupefacenti, però, il tema degli indicatori e di come utilizzarli crea sempre un acceso dibattito. Per Gatti sarebbe utile avere un osservatorio indipendente in grado di mettere in relazione tutti gli indicatori prodotti sul tema e dare una lettura complessiva che aiuti a sviluppare nuove ed efficaci politiche di prevenzione. “Non abbiamo degli osservatori indipendenti che siano in grado di valutare un insieme di indicatori complessi e fare una sintesi rispetto alla situazione dei consumi - conclude Gatti -. Occorre andare verso osservatori che da una parte siano in grado di disegnare gli scenari geopolitici, studiare la produzione e i flussi, dall’altra fare una sintesi logica che permetta di fare previsioni sull’evoluzione dei mercati. Questo ci permetterebbe di poter strutturare delle strategie più compiute anche a livello preventivo”.
Gianni Augello