Se Maduro resta al potere in Venezuela il futuro sarà ancora peggiore
Abbiamo bisogno di elezioni in Venezuela? Senza dubbio, però a organizzarle non può certo essere Maduro, e neppure i poteri a capo dei quali ha messo i suoi fedelissimi, come il Consiglio nazionale elettorale (Cne) o il Tribunale supremo di giustizia (Tsj). Perché la crisi inizi a trovare soluzione, bisogna che Maduro lasci il potere e io, come milioni di venezuelani, credo che si debba trattare di un’uscita di scena pacifica. La permanenza di Maduro per altri sei anni (fino al 2025), questa è la sua intenzione detta pubblicamente, significherà la distruzione totale del Venezuela e l’uscita, ancora più imponente, dei venezuelani di tutte le classi sociali per cercare migliori opportunità di vita e libertà in altri paesi. Ogni giorno, secondo l’Onu, emigrano dal Venezuela (in maggioranza attraversando la Colombia per andare in vari paesi sudamericani) circa 5mila venezuelani. Sì, ogni giorno. Secondo gli organismi specializzati in migrazioni, l’uscita di massa dei venezuelani è il fenomeno di mobilità umana più grande che si sia mai verificato in America Latina
Il Venezuela è di nuovo al centro dell’attenzione internazionale. Le grandi potenze si pronunciano su quello che sta accadendo a livello politico e istituzionale. Personalmente, la mia preoccupazione è che si verifichi un cambiamento politico, democratico e pacifico, No, non sono un illuso. Sono milioni i venezuelani che hanno manifestato pacificamente nelle vie del Venezuela e di decine di città in tutto il mondo, per dire basta al regime di Nicolás Maduro. Leggo con attenzione quello che scrivono gli organi d’informazione europei. Alcuni lanciano l’allarme che dietro a tutto quello che è accaduto negli ultimi giorni ci sono gli Stati Uniti, che si vogliono appropriare del petrolio venezuelano.
Industria petrolifera in bancarotta ed emergenza energetica. La realtà è che, durante il regime di Maduro, il Venezuela è tornato indietro e oggi la produzione del paese è quella di settant’anni fa. L’industria petrolifera, per quanto incredibile che questo appaia, è in bancarotta. Pur vivendo in un paese produttore di petrolio, sono costretto a fare code di due o tre ore per poter fare benzina. Coloro che vivono nelle zone più isolate del paese sono costretti a dormire in coda davanti alle stazioni di servizio, con soste di ventiquattro ore o più. Secondo stime indipendenti, in Venezuela, sarà richiesto un investimento di 30.000 milioni di dollari per poter portare la produzione di petrolio a 3 milioni di barili al giorno, com’era nel 1999, quando Hugo Chávez è entrato in carica. Il disastro economico di Maduro si è concluso con la gallina delle uova d’oro.
Il problema energetico, presumendo che molti in Europa la considerino una questione centrale, ha diverse implicazioni. Io sono stato senza gas domestico per tre mesi, vivendo in una città importante in una zona dove abita la classe media di professionisti. La signora Yenny, che conosco bene e che vive nella zona popolare della mia città d’origine, Barquisimeto, è stata per un anno senza gas domestico. Per tre mesi a casa mia abbiamo cucinato con il fornello elettrico. Ma tutto andava bene, fino a chi non sono arrivati i black-out.
Buona parte del Venezuela subisce una crisi energetica, provocata dalla mancanza di risorse e dalla corruzione (sono state acquistate decine di generatori che mai sono arrivati nel paese o per i quali è stato pagato un sovrapprezzo gigantesco). Nella zona dove abito riceviamo l’acqua per un’ora al giorno, gli abitanti di altri quartieri devono comprare camion di acqua.
I morti sepolti nei giardini di casa. Il caso della signora Yenny mostra come vive oggi una persona nei quartieri popolari, e anche da questi oggi arriva richiesta che ci sia un cambiamento in Venezuela. Durante i giorni che precedevano il Natale, mentre la signora e molti vicini stavano cucinando con la legna, perché erano ormai senza gas, il papà di Yenny ebbe una complicazione dovuta a un sistema respiratorio. Andò in vari ospedali, i medici si sono comportati con diligenza, ma non avevano alcun medicinale da somministrargli. L’anziano è morto dopo 24 ore per un blocco respiratorio. Sarebbe troppo lungo raccontare i dettagli di quello che Yenny e la sua famiglia hanno vissuto per dare cristiana sepoltura al padre defunto. La superinflazione (la più alta del mondo nel 2017 e nel 2018) coinvolge anche il settore funerario. Molti poveri in Venezuela seppelliscono i propri familiari morti in fosse che essi stessi scavano nei giardini delle loro case. Ho letto anche che in Europa c’è molta preoccupazione per la possibilità che in Venezuela si viva un bagno di sangue causato dall’uscita di scena di Maduro. Ma il bagno di sangue esiste già e si deve a due fattori: una violenza criminale alla quale Maduro non ha posto freno, arrivando oggi alla situazione che quattro delle dieci città più violente del mondo sono venezuelane. Oltre a questo c’è la vera a propria repressione.
Richiesta di cambiamento. Nel 2017, nello spazio di tre mesi caratterizzati da proteste pacifiche, il regime di Maduro assassinò più di cento persone, compresi adolescenti. Solamente nella prima settimana delle proteste iniziate il 23 gennaio, sono stati registrati 35 omicidi commessi dagli organi di sicurezza, e nel corso di queste proteste di inizio 2019 ciò è avvenuto in quartieri popolari, che ora esprimono il proprio scontento dopo esser stati per lungo tempo bastioni del chavismo.
In Venezuela si manifesta oggi una richiesta a favore del cambiamento. Le oceaniche proteste sono state pacifiche e in risposta alla convocazione effettuata dai deputati dell’Assemblea nazionale, il Parlamento, l’unico potere pubblico non cooptato dal chavismo. Come è noto infatti, l’Assemblea nazionale fu eletta nel 2015 con un travolgente appoggio popolare alle forze di opposizione. Si è trattato delle ultime elezioni libere e trasparenti in Venezuela.
Abbiamo bisogno di elezioni in Venezuela? Senza dubbio, però a organizzarle non può certo essere Maduro, e neppure i poteri a capo dei quali ha messo i suoi fedelissimi, come il Consiglio nazionale elettorale (Cne) o il Tribunale supremo di giustizia (Tsj). Perché la crisi inizi a trovare soluzione, bisogna che Maduro lasci il potere e io, come milioni di venezuelani, credo che si debba trattare di un’uscita di scena pacifica. La permanenza di Maduro per altri sei anni (fino al 2025), questa è la sua intenzione detta pubblicamente, significherà la distruzione totale del Venezuela e l’uscita, ancora più imponente, dei venezuelani di tutte le classi sociali per cercare migliori opportunità di vita e libertà in altri paesi.
Ogni giorno, secondo l’Onu, emigrano dal Venezuela (in maggioranza attraversando la Colombia per andare in vari paesi sudamericani) circa 5mila venezuelani. Sì, ogni giorno. Secondo gli organismi specializzati in migrazioni, l’uscita di massa dei venezuelani è il fenomeno di mobilità umana più grande che si sia mai verificato in America Latina.
Se Maduro riesce a restare al potere nonostante questa crisi e il mancato riconoscimento sia interno che internazionale, grazie fondamentalmente alle Forze armate, il Venezuela e i venezuelani si devono aspettare un futuro ancora peggiore.
Andrés Cañizález
giornalista e docente di Scienza Politica all’Università Cattolica Andrés Bello di Caracas