Repubblica Centrafricana: tra milizie e mercenari russi, lo spettro della bancarotta
Parla al Sir padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano che vive nella Repubblica Centrafricana da quasi vent'anni. Descrive una situazione molto instabile che rischia di peggiorare, tra violenze, problemi politici ed economici e risvolti geopolitici. Il 60% della popolazione ha bisogno di assistenza umanitaria. La percentuale di sfollati interni va dal 20 al 30% a seconda delle zone
“Giorni fa siamo andati a distribuire aiuti agli sfollati in una comunità a 70 km di Baoro. Ma ora abbiamo paura anche delle mine messe dai mercenari russi, oltre che delle violenze provocate dal conflitto tra governo e ribelli”. Padre Aurelio Gazzera, missionario carmelitano scalzo di Cuneo, vive da quasi vent’anni nella Repubblica Centrafricana. Ha conosciuto tutte le fasi del conflitto, tra gli alti e bassi, le speranze (disilluse), di pace, i cambiamenti politici interni, le alleanze geopolitiche. Dopo 17 anni trascorsi a Bozoum, a 300 km a nord della capitale, da un anno e mezzo è a Baoro, dove segue scuole e asili gestiti dai carmelitani scalzi, anche nei villaggi vicini. E’ una zona ancora più povera, con un solo ospedale e pochissimi servizi. Non è nemmeno distante dai territori controllati dai ribelli della Cpc (Coalition des patriotes pour le changement), gli stessi che lo scorso anno avevano tentato un golpe contro il presidente Faustin Archange Touadéra. Il governo attuale ha deciso di chiedere aiuto ai mercenari russi del gruppo Wagner, che sono riusciti a liberare la capitale dalle milizie e a farli arretrare a nord ovest. I ribelli si sono ritirati nei loro territori e vivono dei proventi dei racket ai check point.
“Ma i russi non sono chierichetti e non fanno questo lavoro gratis – commenta padre Gazzera al Sir -. Ci sono diverse denunce dell’Onu e della Ue riguardo a violazioni dei diritti umani. Giorni fa hanno accerchiato e ucciso a sangue freddo alcuni miliziani. La popolazione ha paura anche dei russi. Inoltre hanno disseminato il territorio di mine”.
Gli episodi di violenza da entrambe le parti proseguono. Un operatore di Medici senza frontiere è stato ucciso a colpi di arma da fuoco da un governativo a Mayenne-Sido, nella prefettura di Ouham, anche se il movente non è chiaro. Forse storie di donne o di alcool. A Ippy, nel centro del Paese, a causa degli scontri tra ribelli ed esercito supportato dai russi, sono state registrate violenze e tante persone sono dovute fuggire dai villaggi. Unica nota di cronaca positiva, l’abolizione definitiva della pena di morte il 27 maggio scorso, anche se è stato più un atto formale, visto che l’ultima esecuzione capitale risale al 1981.
Cosi, stretti in una morsa tra milizie e forze governative, con una scarsissima fiducia nei confronti dei caschi blu dell’Onu (Minusca) – impopolare nel Paese per scandali sessuali e inefficienze varie -, il 60% della popolazione si trova ad avere ancora bisogno di assistenza umanitaria. A seconda delle zone c’è una percentuale di sfollati interni che va dal 20 al 30%.
“Il barometro generale è molto instabile. Direi che negli ultimi tempi la situazione è peggiorata”.
Gli aspetti che preoccupano il missionario sono diversi: oltre all’insicurezza cronica anche l’economia, la politica interna e i risvolti geopolitici. Gli effetti della guerra in Ucraina si fanno sentire con l’aumento enorme dei prezzi dei prodotti importati come olio, farina, cemento e gasolio: “Questo non fa bene al Paese perché crea tensione”.
Lo spettro della bancarotta. Ma soprattutto negli ultimi tempi sono bloccati i finanziamenti da Unione europea e banche africane e
lo Stato “rischia di ritrovarsi sull’orlo della bancarotta, senza soldi per pagare gli stipendi degli insegnanti, dei militari, dei sanitari. C’è una paura strisciante del caos e dell’anarchia, come anni fa”.
Padre Gazzera accenna anche ad uno strano provvedimento parlamentare sull’uso delle criptovalute “votato da tutti i deputati, scritto in inglese, in un Paese in cui si parla francese e dove solo il 10% della popolazione ha accesso ad internet. È probabile che sia una strategia per pagare i russi senza dare nell’occhio o per portare i soldi delle élite all’estero, per metterli al riparo dai rischi”.
Anche la politica nasconde insidie: il presidente Touadéra sta cercando di modificare la Costituzione per farsi rieleggere per un terzo mandato. Manovre non nuove nei Paesi africani, che hanno avuto spesso conseguenze pesanti in termini di instabilità. La geopolitica, inoltre, dopo la forte presenza francese, europea e cinese, si sta spostando sul versante russo. “Capisco il sogno un po’ adolescenziale dei centrafricani di affrancarsi dalla dipendenza e dal neocolonialismo – dice il carmelitano –, però si rischia di andare nella stessa direzione ma con ‘altri amici’. Diversificare gli interlocutori va bene ma bisogna vedere con chi vai.
La Russia sta diventando una presenza molto importante, fuori da regole e controlli.
Mentre la Cina è interessata solo al business e fa razzia di materie prime, la Russia è interessata sia al controllo politico sia all’oro e ai diamanti. Inoltre è molto forte nelle strategie comunicative di disinformazione, sulle radio e sui social”.
Dinamiche africane e globali. Lo stesso sta accadendo anche in altri Paesi africani della regione, come il Sud Sudan e la Repubblica democratica del Congo. Le dinamiche africane aiutano a comprendere anche alcune dinamiche globali, soprattutto quanto sta avvenendo intorno al conflitto in Ucraina. “La cosa curiosa è che nei villaggi molti pregano per l’Ucraina”, racconta padre Gazzera, quasi a sottolineare la comunanza di destini tra popoli. Rimane la consolazione delle parole di Papa Francesco, che non smette di porre l’attenzione sui tanti conflitti dimenticati. “Il fatto che il Papa si ricordi di noi ci aiuta molto”, conclude.