Povertà, "in molte aree del mondo la vita non è appesa ad un filo ma a una goccia d’acqua"
Domani si celebra la Giornata mondiale dell’acqua. Amref raccoglie in un video testimonianze, dati e immagini per raccontare le criticità vissute nel mondo, dove 1 abitante su 5 non ha acqua potabile a sufficienza, dove 361 mila bambini sotto i 5 anni muoiono ogni anno a causa di diarrea legata a carenze idriche e igieniche. Soprattutto nell'Africa sub-sahariana
“L’acqua ci ha reso liberi. Abbiamo detto addio all’acqua sporca dei ruscelli”, racconta Aloyo Kerry, una madre ugandese che vive nella regione di Pader, martoriata da guerre civili fino al 2008 ed oggi una delle regioni più povere al mondo. Quella di Aloyo è una delle voci raccolte da Amref in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, che su celebra il 22 marzo.
“’Resilienza’, infatti, nell’Africa sub-sahariana vuol dire adattarsi alla mancanza di acqua. La fonte primaria di vita”. Così esordisce Giobbe Covatta, che ha prestato la sua voce alla narrazione di un video che raccoglie testimonianze – come quella di Aloyo Kerry – dati e immagini volti a raccontare aree del mondo in cui la vita è appesa non ad un filo, bensì ad una goccia d’acqua. Intanto Amref continua a lavorare ad un approccio nuovo alla salute – One Health – che unisce ambiente, animali e uomo.
I numeri. Attualmente, un abitante della terra su cinque non ha acqua potabile a sufficienza: 1,2 miliardi di persone. Purtroppo, anche l’accesso a servizi igienico-sanitari adeguati, per quanto in crescita, nel continente africano è ancora molto basso. In città, circa 8 persone su 10 hanno accesso ad acqua pulita, mentre nelle zone rurali, il tasso è dimezzato a poco più di 4 persone su 10. “Qui l’acqua è sporca, contaminata, portatrice di malattie. Malnutrizione, malaria e diarrea sono all’ordine del giorno”, dichiara Giobbe Covatta. Infatti, ad oggi, ogni anno, nel mondo, 361 mila bambini sotto i 5 anni muoiono a causa di diarrea legata a carenze idriche e igieniche e, globalmente, almeno 2 miliardi di persone utilizzano fonti d’acqua contaminate da feci. Nella regione di Pader, il tasso di mortalità infantile è di oltre 180 su 1000 nati vivi, di cui l’8% a causa di diarrea acuta.
Secondo delle stime elaborate nel 2021 da Oms e Unicef, due terzi delle persone a cui mancavano ancora i servizi igienici di base vivevano nel 2020 in zone rurali. Quasi la metà di loro viveva nell'Africa sub-sahariana. Nell’Uganda settentrionale, i servizi igienici sono ancora una grande sfida: solo il 30% delle famiglie ha servizi igienici in funzione e circa 600 mila famiglie non ne ha. Il distretto di Pader, inoltre, è attualmente in ritardo rispetto al resto del paese, in termini di indici di sviluppo umano, ed è caratterizzato da alti livelli di povertà. Negli ultimi 5 anni, solo una media del 62% sulle 231.700 persone della zona hanno avuto accesso all’acqua in modo sicuro e il 39% utilizza ancora le latrine a cielo aperto. “La nostra sfida è la stagione secca e le infinite distanze dalle fonti d’acqua. Bisogna andare a raccoglierla circa 3-4 volte al giorno. È faticoso”, spiega Aloyo.
“Senza acqua, i campi si inaridiscono e procurarsi il cibo diventa impossibile. Così, non solo siamo costretti a condividere l’acqua con i nostri animali, ma questi ultimi si ammalano, si indeboliscono, muoiono, e con loro anche noi: il 90% delle persone in queste zone vive di allevamento e agricoltura. È tutto collegato”, racconta Kilama Simon, sempre a Pader, che con le sue parole spiega in maniera pratica il concetto di One Health, che riconosce la relazione esistente tra uomo, animale e ambiente, rappresentando lo sforzo congiunto di più discipline professionali che operano a livello locale, nazionale e globale, per il raggiungimento di una condizione di salute ottimale e integrata di persone, animali e dell'ambiente stesso.
Ad aggravare ulteriormente la situazione ci sono gli effetti dei cambiamenti climatici. Infatti, nel 2006, le Nazioni Unite hanno citato il continente africano come il più esposto e indifeso dalle implicazioni dei cambiamenti climatici. Oggi, questa ipotesi rimane valida, infatti, secondo l’African Development Bank Group, tra i primi 20 Paesi del pianeta a maggiore vulnerabilità sui cambiamenti climatici, sei sono nel continente africano. Nel 2019, nell’intero continente, ai 7,6 milioni di sfollati in fuga da conflitti, si sono aggiunti 2,6 milioni di profughi del clima.
“I cambiamenti climatici, l’insorgenza di nuove malattie infettive, come nel caso del Covid-19, la difficoltà nell’accesso a fonti d’acqua pulita, la malnutrizione, la mortalità infantile. Queste sono solo alcune delle sfide che un’alta percentuale della popolazione mondiale affronta ogni giorno - dichiara Guglielmo Micucci, direttore di Amref Health Africa – Italia -. Per non soccombere di fronte a tutto questo, e per poter sperare in una trasformazione positiva, è indispensabile riconoscere lo stretto legame che unisce noi esseri umani con l’ambiente che ci circonda: One Health”.
Le storie di Aloyo Kerry e Kilama Simon – insieme agli scatti di Esther Ruth Mbabazi – sono stati ripresi all’interno del progetto “Solar for Inclusive WASH”: un progetto finanziato dalla Fondazione Peter Wallenberg Water for All e dai comitati Water for All di Atlas Copco ed Epiroc, storiche aziende partner di Amref. L’obiettivo del progetto è fornire energia solare e migliori servizi idrici e igienico-sanitari a 48 comunità del distretto di Pader situato nel Nord Uganda. Grazie a questo intervento della durata di 3 anni, aumenterà l’accesso ai servizi WASH (Water, Sanitation & Hygiene) per 5.100 alunni in 6 scuole, miglioreranno le pratiche igieniche e sanitarie per 5.100 alunni e 23.400 membri delle comunità coinvolte, e sarà garantito accesso ad acqua potabile e a servizi igienici ad un totale di circa 30.000 persone.