Pediatri e psicologi veneti si mobilitano: «Riaprire al più presto»

Oltre cento tra pediatri ospedalieri e di libera scelta, psicologi, ma anche educatori anestesisti, chirurghi, osteopati e infermieri da tutto il Veneto e oltre hanno deciso di scendere in campo per dire che la riapertura delle scuole, specie dell'infanzia e la primaria, non è più rinviabile.

Pediatri e psicologi veneti si mobilitano: «Riaprire al più presto»

In questi lunghi mesi di pandemia, gli appelli di sanitari di tutto il territorio nazionale per la ripresa delle lezioni in presenza non sono certo mancati (ultimi in ordine di tempo i pediatri di Roma che l’11 marzo hanno siglato una lettera aperta), ma a far rumore oggi sono il numero dei professionisti venetiche si sono uniti attorno a un documento condiviso nei giorni scorsi e i dati che essi riportano.

«A un anno dall’inizio di questa pandemia, oltre a contare il numero dei morti, iniziamo anche a contare gli innumerevoli danni che la sospensione della didattica in presenza e la mancata socializzazione sta avendo su bambini e ragazzi»,

esordiscono gli esperti in pediatria e psicologia che si sono incontrati per dare il via alla raccolta firme grazie a blog e profili social. A scorrere l'elenco dei professionisti aderenti si scorgono pediatri di Padova città, come del Veneto orientale, dell'Alto vicentino, ma non mancano specialisti delle altre province venete come pure piemontesi, lombardi, liguri ed emiliani.

«Il nostro appello scaturisce dall’osservazione diretta e quotidiana, nelle scuole e nei nostri studi, di ciò che le generazioni più giovani stanno subendo», spiega Elena Mozzo, pediatra, impegnata in progetti di educazione sessuale nelle scuole medie della provincia di Padova, che ha diffuso la petizione grazie alla sua pagina Facebook esessolosapessi. «I sintomi che più di tutti ci preoccupano sono l’aumento dei disturbi ossessivo-compulsivi, le regressioni nel linguaggio, ma anche la manifestazione precoce della pubertà, conseguenza del disagio psicologico. Chi di noi collabora con le scuole incontra ragazzi sempre più demotivati davanti allo schermo con casi crescenti di attacchi di panico: la conseguenza è l’aumento massiccio della dispersione scolastica».

Nei giorni in cui in molte città italiane si rincorrono manifestazioni di genitori che chiedono la riapertura delle scuole, la presa di posizione dei professionisti sanitari rappresenta un passaggio fondamentale, soprattutto perché – a un anno dall’inizio della pandemia da Covid-19 – si fonda su dati ormai consolidati.

La premessa da cui partono medici e psicologi è la definizione stessa di salute data dall’Organizzazione mondiale della sanità:uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente assenza di malattie o infermità.

«Ebbene, sullo stato di benessere fisico, mentale e sociale di bambini e ragazzi – continua Elena Mozzo – ha pesato molto l’assenza di opportunità di socialità e di stimolo. Non siamo qui a chiedere la riapertura delle scuole perché genitori-lavoratori possano “parcheggiare” i figli, ma perché rischiamo davvero di creare danni a lungo termine in una generazione che sta perdendo occasioni preziose proprio negli anni della formazione».

L’utilizzo intensivo dei social media ha aumentato i rischi correlati e in particolare il consumo di pedo-pornografia. Nei soli mesi di marzo e aprile 2020 le denunce sono aumentate del 51 per cento (dati Polizia postale) e dei 15 mila giovani tra 11 e 24 anni, intervistati in una ricerca promossa da Durex, Skuola.net e Università di Firenze a ottobre, sei su dieci hanno dichiarato di usare abitualmente materiale pornografico.

Sul versante fisico, è una ricerca del Bambin Gesù pubblicata sull’Italian journal of Pediatrics a evidenziare un incremento di oltre il 50 per cento dei casi di pubertà precoce. Tra le ipotesiuna combinazione di fattori coincidenti durante il lockdown: modifiche delle abitudini alimentari e uso prolungato di pc e tablet.

«Come professionisti dell’area medica e psicologica – si conclude il documento redatto nei giorni scorsi le cui sottoscrizioni sono in rapido aumento - non possiamo più tacere. Non possiamo per ragioni etiche, non possiamo perché come professionisti abbiamo il dovere di tutelare le fasce fragili della popolazione, che comprendono bambini e ragazzi, il nostro futuro. Vogliamo essere una comunità che aiuta e sostiene bambini e adolescenti a riappropriarsi di una sana vita affettiva e relazionale come base essenziale per la costruzione del proprio benessere psico-fisico».

A preoccupare maggiormente i professionisti è il contesto in cui la privazione di socialità e di stimoli prende corpo. La fragilità delle giovanissime generazioni era tangibile anche prima del marzo 2020 e determinata dalla povertà educativa diffusa nel nostro Paese, trasversale alle classi sociali. Oggi, avere una famiglia che supporta e offre possibilità per la crescita, fa la differenza: i bambini che non ce l'hanno sono i più esposti ai danni derivati dalla chiusura delle scuola e rischiano di non godere davvero di un diritto universale come quello alla salute.

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