La bellezza ci salverà. La “pedagogia del bello” incide in maniera profonda sullo stile cognitivo dei discenti
Educare al “bello” significa anche rivisitare gli apparati simbolici delle nostre rappresentazioni interiori, costruire dei nuovi linguaggi, più articolati.
E’ di queste ore la notizia che il Governo ha destinato dei fondi finalizzati alla messa in sicurezza e anche al ripristino funzionale delle strutture che accolgono i nostri studenti.
Le scuole purtroppo cadono a pezzi in molte zone del nostro Paese e gli interventi degli ultimi anni sono stati insufficienti, praticamente una goccia nel mare. Per molto tempo la questione non ha beneficiato della dovuta attenzione: abbiamo vissuto periodi in cui sembrava fosse “normale” riservare ai più giovani fra noi luoghi fatiscenti e talvolta pericolosi per formarsi e istruirsi. Forse, però, qualcosa si muove e l’emergenza Covid, sotto questo punto di vista, ha rappresentato una buona occasione per svecchiare le aule scolastiche e restituire dignità e pulizia ai luoghi deputati all’apprendimento.
Sarebbe proficuo, cogliendo questa occasione, sollecitare una riflessione negli studenti sull’importanza del bello e del decoro degli ambienti in cui trascorriamo il nostro tempo, anche se in questo momento in molte regioni riprende la Didattica a distanza. In un certo senso, a maggior ragione, perché il decoro deve riguardare anche gli ambienti domestici (in maniera particolare le caotiche stanze degli adolescenti), dove ultimamente i nostri giovani stanno trascorrendo molto (troppo) tempo. La tendenza a lasciarsi andare al disordine e all’incuria, oltre a essere deleterio a tutte le età, potrebbe aggravare lo stato di prostrazione interiore e di forte condizionamento che i ragazzi stanno vivendo a causa dell’emergenza sanitaria.
L’educazione al “bello” dovrebbe divenire un vero e proprio “stile pedagogico” sia da parte delle scuola che delle famiglie. La “pedagogia del bello” incide in maniera profonda sullo stile cognitivo dei discenti, influenzando i parametri di riferimento del sistema percettivo, della sensibilità e dell’immaginazione del singolo. Questo tipo di approccio porta a sollecitare profondamente lo stimolo alla creatività individuale. Un atteggiamento “estetico” (e quindi non estetizzante) nei confronti della conoscenza porta anche a sondare le profondità della dimensione etica e spirituale del mondo che ci circonda: il bello non è semplicemente ciò che soddisfa il piacere dei nostri sensi, ma è ciò che ci “contamina” nel profondo.
Educare al “bello” significa anche rivisitare gli apparati simbolici delle nostre rappresentazioni interiori, costruire dei nuovi linguaggi, più articolati. Significa confrontarsi in maniera più consapevole con la nostra sfera emotiva e tradurre prima di tutto a noi stessi i messaggi del nostro inconscio.
In genere, attraverso l’istruzione siamo portati a fornire ai nostri giovani competenze “razionali”, sottovalutando spesso quelle emotive e spirituali. Una formazione estetica si prenderebbe cura di questi aspetti.
L’educazione al bello, inoltre, è inclusiva, poiché insegna a “leggere” la complessità, e quindi anche ciò che al suo interno risulta dissonante.
L’inclusività è, evidentemente, uno step avanzato, che si raggiunge distinguendo la “fenomenologia del bello”, il suo manifestarsi quindi, e l’essenza, cioè il suo significato profondo.
Educare al bello significa fornire ai nostri ragazzi gli strumenti che possano metterli nella condizione di superare la mera fruizione estetica, insegnando loro a sollevare il “velo di Maya” e cercare l’autenticità nella bellezza.
Questo tipo di approccio porta a trasformare l’educatore quasi in artista e, nello stesso modo, tende a trasformare il discente in un piccolo demiurgo.
Lo sfondo artistico nella relazione educativa rimanda alla nostra capacità di educatori di saper attrarre interesse, di suscitare piacere e desiderio, di stare in presenza dell’altro, anche in contemplazione della sua originalità.
Pertanto, ben vengano le ristrutturazioni e gli abbellimenti degli spazi scolastici, ma insegniamo anche ai nostri giovani a respirare e a creare la bellezza, non soltanto ad ammirarla.