Italia, speranza di vita in parziale recupero. Ripartono le migrazioni
I dati Istat. Nel 2021 la speranza di vita alla nascita è stimata in 80,1 anni per gli uomini e in 84,7 anni per le donne: le stime mostrano un recupero rispetto al 2020, quantificabile in 4 mesi di vita in più per gli uomini e in circa 3 per le donne. Ultracentenari in crescita, superata soglia 20 mila unità. Il numero di figli per donna si attesta a 1,25; nel 2021 ripartite le migrazioni
Nel 2021 la speranza di vita alla nascita è stimata in 80,1 anni per gli uomini e in 84,7 anni per le donne. Senza distinzione di genere risulta pari a 82,4 anni. Le stime, pertanto, mostrano un recupero rispetto al 2020, quantificabile in 4 mesi di vita in più per gli uomini e in circa 3 per le donne. Rispetto al periodo pre-pandemico, tuttavia, il gap rimane sostanziale. Nel confronto con il dato del 2019, per esempio, gli uomini subiscono una perdita in termini di speranza di vita alla nascita di 11 mesi, le donne di 7. Lo rileva l'Istat nel rapporto sugli “Indicatori demografici - Anno 2021”. Nel Nord la speranza di vita alla nascita, senza distinzione di genere, risulta pari a 82,9 anni, recuperando quindi 11 mesi di sopravvivenza sul 2020. Ne resterebbero da recuperare 7 per assorbire il divario anche sul 2019. Peraltro, in alcune regioni settentrionali il recupero raggiunto in un solo anno è notevole; ad esempio in Lombardia dove, grazie a una speranza di vita alla nascita totale di 83,1 anni, si recuperano ben 20 dei 27 mesi perduti. Fa eccezione il Friuli-Venezia Giulia con una speranza di vita alla nascita totale che scende di ulteriori 6 mesi in aggiunta ai 10 già persi nel 2020. Nessuna regione del Centro evidenzia margini di miglioramento nel corso del 2021. Al contrario, con 82,8 anni di speranza di vita totale, questa ripartizione consegue una perdita di un ulteriore mese di vita in aggiunta ai 7 già perduti nel 2020.
Numero medio di figli per donna si attesta nel 2021 a 1,25
Il numero medio di figli per donna si attesta nel 2021 a 1,25, dunque in lieve rialzo rispetto all'1,24 del 2020, nonostante l'ulteriore declino delle nascite. Ciò si deve, come detto, al deficit dimensionale e strutturale della popolazione femminile in età feconda, che si riduce nel tempo e ha un'età media in aumento. In prospettiva, al fine di contrastare la perdurante bassa natalità il Paese avrebbe bisogno non solo di fare molti più figli di quanti se ne facciano normalmente, ma anche di incrementare la base potenziale di chi potrebbe farli. Anche perché avere figli è sempre più una scelta rinviata nel tempo e, in quanto tale, ridotta rispetto a quanti idealmente se ne desiderano. L'età media al parto ha raggiunto i 32,4 anni (+0,2 sul 2020), un parametro che segna regolari incrementi da molto tempo (30,5 nel 2002). Anche sul piano territoriale le variazioni su base annuale della fecondità sono di modesta entità, per quanto nel Nord e nel Centro il numero medio di figli per donna cresca, rispettivamente, da 1,27 a 1,28 e da 1,17 a 1,18. Stabile è invece il Mezzogiorno, fermo a 1,24 figli per donna come nel 2020.
Nel 2021 ripartono le migrazioni
Nel 2021 le migrazioni, sia interne sia con l'estero, risultano in rialzo dopo che nel 2020, a causa della pandemia, erano state frenate dalla prescrizione di barriere all'ingresso dei confini nazionali e dalle limitazioni imposte al movimento interno. Le iscrizioni dall'estero per trasferimento di residenza sono cresciute del 15,7% sul 2020 (da 248 mila a 286 mila), ma risultano inferiori del 14% rispetto a quelle del 2019 (333 mila). Le cancellazioni per l'estero scendono del 19% sul 2020 (da 160 mila a 129 mila) e del 27,9% sul 2019 (180 mila). Il saldo migratorio con l'estero è di +157 mila, pari a 2,7 per mille abitanti, circa il doppio del 2020 e superiore a quello del 2019. Le regioni con la dinamica più vivace per migrazioni internazionali sono la Liguria (4,1 per mille) e il Friuli-Venezia Giulia (3,9 per mille) ma quella che presenta una maggior risalita del tasso migratorio estero sul 2020 è il Molise (da 0,7 a 2,6 per mille).
Non si smette di invecchiare, età media da 45,9 a 46,2 anni
L'età media della popolazione transita, tra l'inizio del 2021 e l'inizio del 2022, da 45,9 a 46,2 anni. Pertanto, in relazione al permanente regime di bassa fecondità, nonché al fatto che si vive sempre più a lungo, la struttura della popolazione prosegue il suo progressivo scivolamento verso le età senili, anche in una fase storica come quella corrente, caratterizzata dalla presenza di una pandemia con pesanti ricadute letali per la sopravvivenza della popolazione anziana.
Ultracentenari in crescita, superata soglia 20 mila unità
La popolazione ultrasessantacinquenne, 14 milioni 46 mila individui a inizio 2022 in base alle stime (+105 mila), costituisce il 23,8% della popolazione totale contro il 23,5% dell'anno precedente. Viceversa, risultano in diminuzione tanto gli individui in età attiva quanto i più giovani: i 15-64enni (-198 mila) scendono dal 63,6% al 63,5% mentre i ragazzi fino a 14 anni (-160 mila) passano dal 12,9% al 12,7% del totale. Il numero di ultracentenari (100 anni di età e più) raggiunge nel 2022 il suo più alto livello, oltrepassando la soglia delle 20 mila unità. Non solo, quindi, il numero di ultracentenari risulta quadruplicato nell'arco di appena 20 anni (erano poco più di 5 mila nel 2002) ma, considerando quanto accaduto soltanto negli ultimi 3 anni, la loro crescita va assumendo le sembianze di un'evoluzione a carattere esponenziale (+43%). Questa specifica componente della popolazione sta peraltro facendo registrare incrementi non riscontrati tra nessun'altra fascia di popolazione. Ad esempio, tra i 65-79enni la crescita rilevata tra il 2019 e il 2022 è appena dell'1,5%, mentre tra gli 80-89enni si arriva al 4,3%. Più significativo è l'aumento riscontrato tra i 90-99enni, pari al 7,4%, il che porta a ritenere probabile che negli anni a venire la crescita della popolazione ultracentenaria possa continuare a risultare molto sostenuta. (RS/DIRE)