Incertezza al femminile. La crisi di lavoro tra le donne: una riflessione a partire dagli ultimi dati Istat

In alcuni settori produttivi alle donne sono riservati lavori marginali, che diventano i primi a essere tagliati durante le crisi.

Incertezza al femminile. La crisi di lavoro tra le donne: una riflessione a partire dagli ultimi dati Istat

Il mondo del lavoro italiano è attraversato da un forte squilibrio. Le donne da tempo hanno tassi di occupazione molto bassi e ricevono un reddito inferiore a quello degli uomini. Le ristrettezze e lo stallo provocati dalla crisi pandemica hanno ora aggravato la situazione. Gli ultimi dati Istat rilevano che il tasso di occupazione femminile nel dicembre scorso non ha superato il 48,6%. Il calo delle persone al lavoro c’è stato per tutti. Sono stati contati circa 444 mila occupati in meno rispetto al dicembre dell’anno precedente, però tra questi quasi 312 mila sono donne.

Il segnale è allarmante e ci indica quanta incertezza sia presente nel mercato del lavoro al femminile. I dati pongono in evidenza che la precarietà contrattuale sia una caratteristica molto presente tra le occupazioni femminili, inoltre, in trasparenza si vede un ulteriore elemento: in alcuni settori produttivi alle donne sono riservati lavori marginali, che diventano i primi a essere tagliati durante le crisi.

Se ingrandiamo l’immagine emergono altre indicazioni: osserviamo che gli squilibri sono molto forti a livello territoriale e, mentre nel Nord del Paese il tasso di occupazione femminile è al 60%, nel Mezzogiorno precipita al 33%. E ampie risultano le differenze tra le donne che si occupano dei figli e le donne che non ne hanno: il tasso di occupazione tra le prime è del 72%, mentre tra le seconde è al 57%. La stessa introduzione dello smart working – il lavoro da casa, che a partire dal primo lockdown si sta diffondendo – ha contribuito a marcare una differenza sia tra le donne con figli che quelle senza sia tra uomini e donne. I dati evidenziano che lo strumento è utilizzato soprattutto da loro (16,9% contro il 12,8% degli uomini), ma rimanere tra le mura domestiche significa anche non separare più il carico di lavoro di cura familiare e quello professionale e si segnala il rischio di ripercussioni sullo stato di salute psico-fisico.

La crisi del lavoro tra le donne non è soltanto una questione esclusivamente femminile. Raggiungere l’obiettivo delle pari opportunità nel mondo della produzione porterebbe alla crescita del Pil pro capite nell’Unione europea dal 6,1% al 9,6%, secondo alcune previsioni dell’European institute for gender equality. Inoltre c’è il nodo della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro da sciogliere, alle politiche che favoriscano i congedi per i padri occorre una nuova svolta culturale, finché gli uomini non si assumeranno le loro responsabilità negli impegni di cura il sovraccarico femminile rimarrà troppo alto e sarà sempre considerato come ostacolo all’attività lavorativa.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir