Conferenza sul futuro d’Europa fa un passo avanti: si parte il 9 maggio. Processo “dal basso” per riformare l’Ue
Il Parlamento di Strasburgo ha votato il 15 gennaio una risoluzione che definisce obiettivi e "contorni" della Conferenza chiamata a rivedere e rilanciare il processo di integrazione. I prossimi passi spettano a Commissione (il 22 gennaio) e Consiglio (28 gennaio). Tra i nodi da sciogliere lo spazio e il ruolo riservato a cittadini e società civile, quali riforme prevedere, se sia necessario o meno (oltre che rischioso) metter mano ai Trattati. Le voci - contrastanti - dell'Emiciclo
Compie un ulteriore passo avanti la Conferenza sul futuro dell’Europa, alla quale si lavora da mesi fra Bruxelles e Strasburgo. L’Ue è spiazzata dalle crisi e dalle sfide – demografica, economica, migratoria, terroristica… – che si sono imposte negli ultimi anni. I cittadini – spiega il presidente dell’Europarlamento David Sassoli – chiedono dunque “un’Europa diversa, più vicina ai loro bisogni, alla loro vita; più verde; più rigorosa nella difesa dello stato di diritto; attenta ai diritti sociali e più trasparente nei processi decisionali… Un’Europa più democratica, inclusiva, più sicura e che protegge l’ambiente”. È tempo di ripensare e rilanciare il processo di integrazione: sulla base di questa convinzione, l’Assemblea riunita a Strasburgo ha approvato mercoledì 15 gennaio una risoluzione che pone un tassello in vista della convocazione della Conferenza. La prossima settimana, il 22 gennaio, sarà la Commissione ad esprimersi su obiettivi e format della Conferenza; il 28 gennaio sarà la volta del Consiglio affari generali. A quel punto dovrà essere definito un accordo interistituzionale che dia ufficialità alla Conferenza stessa, fissandone i tempi (è quasi certo che l’avvio sarà il prossimo 9 maggio, festa d’Europa, con conclusione nel 2022), la composizione, le modalità operative e i possibili esiti.
Obiettivi e svolgimento. La risoluzione votata a Strasburgo ha ottenuto 494 sì, 147 no e 49 astensioni. Sul testo approvato si è riscontrata una vasta e trasversale convergenza di Popolari, Socialisti e democratici, Liberaldemocratici (Renew), Verdi, Sinistra unitaria. Vi si segnalano obiettivi e modalità di svolgimento della Conferenza, ponendo – almeno nelle intenzioni – al centro del processo “dal basso” i cittadini europei.
Vengono suggerite alcune priorità d’intervento “non esaustive”, in quanto si afferma che la Conferenza debba essere un “processo aperto”, di revisione e di riforma dell’Ue. Tali priorità sono così indicate: “valori europei, diritti e libertà fondamentali, aspetti democratici e istituzionali dell’Ue, sfide ambientali e crisi climatica, giustizia sociale e uguaglianza, questioni economiche e occupazionali, tra cui la fiscalità, trasformazione digitale, sicurezza e ruolo dell’Ue sulla scena mondiale”.
Proposta poco coraggiosa? Il testo afferma che la Conferenza dovrà rappresentare “un’occasione per individuare gli aspetti positivi dell’Ue e le nuove misure che essa deve adottare per fare meglio, potenziare la propria capacità d’intervento e farsi più democratica”. Rispetto ai dibattiti alimentati nella commissione Affari costituzionali e nell’apposito gruppo di lavoro costituito in seno al Parlamento europeo lo scorso autunno per preparare la Conferenza, la proposta che emerge ora dall’emiciclo appare meno “coraggiosa” e la partecipazione dei cittadini piuttosto imbrigliata. La risoluzione propone che la Conferenza “sia composta da una serie di organi con diverse responsabilità, tra cui: plenum della Conferenza, agorà dei cittadini, agorà dei giovani, un comitato direttivo e un consiglio esecutivo di coordinamento”. Suggerisce che “nel corso dell’intera Conferenza si tengano diverse agorà tematiche dei cittadini”, e che “siano composte al massimo da 200-300 cittadini con un minimo di tre per Stato membro”; il testo insiste “sulla necessità che tali agorà si tengano in diverse località dell’Unione” e diffuse in streaming. Oltre all’agorà dei cittadini, si dovrebbero svolgere “almeno due agorà dei giovani, e ciò perché i giovani si meritano un proprio forum, visto che le giovani generazioni sono il futuro dell’Europa”. Ai cittadini che parteciperanno saranno assicurati i rimborsi spese.
Composizione del plenum. La risoluzione chiede che il plenum della Conferenza sia così composto: il Parlamento europeo in rappresentanza dei cittadini dell’Unione, con un massimo di 135 membri; il Consiglio in rappresentanza degli Stati membri, con 27 membri; i parlamenti degli Stati membri, con due-quattro deputati per parlamento nazionale; la Commissione, rappresentata da tre commissari; il Comitato economico e sociale europeo e il Comitato delle regioni, con quattro membri ciascuno; le parti sociali a livello di Ue, con due membri ciascuna.
“La vecchia politica non funziona più”. La vicepresidente della Commissione Ue, Dubravka Šuica, commenta: “la Conferenza sarà un’occasione per ascoltare i cittadini e ridare loro fiducia nell’Ue. Perché il vecchio modo di far politica” di fronte alle profonde trasformazioni in atto, “non funziona più”. E chiede alle istituzioni Ue l’impegno a non “predeterminare” i risultati della Conferenza. Manfred Weber, capogruppo dei Popolari, dichiara esplicito e forte sostengo alla Conferenza, insistendo sul fatto che “è necessario coinvolgere i parlamenti nazionali” ed eventualmente mettere in conto “una modifica dei Trattati, se necessario a rilanciare l’Unione”. Iratxe García Pérez, leader dei Socialdemocratici, chiede di coinvolgere “i cittadini e i territori” nel rispetto della diversità dell’Europa che, a suo avviso, “non è solo un mercato, ma una comunità”, la quale “ha bisogno di un vero pilastro sociale per contrastare povertà ed esclusione e creare lavoro”.
Posizioni contrastanti. Il capogruppo di Renew, Dacian Ciolos, richiama la riforma del sistema elettorale europeo, il rafforzamento della democraticità delle istituzioni Ue e bacchetta quei governi e forze nazionaliste che “temono di perdere sovranità” aderendo al progetto europeo. Daniel Freund, dei Verdi, auspica un “percorso verso l’Europa federale”; di parere opposto Marco Zanni, leghista (gruppo Identità e democrazia), che imputa all’Ue la “mancanza di autocritica” e “l’incapacità di rispondere ai problemi dei cittadini che riguardano la crisi economica, le migrazioni e la sicurezza interna”. Fabio Castaldo, deputato dei Cinque stelle (gruppo dei Non iscritti), parla di “occasione preziosa per sbloccare le riforme, per creare il pilastro sociale, realizzare una politica migratoria solidale, affrontare il tema dell’unione fiscale”. Temi sui quali – come sottolineano altri eurodeputati – potrebbe essere necessario porre mano ai Trattati Ue.