Colombia: parlamentari e osservatori internazionali a Cali, ma la Polizia speciale riprende a sparare. A Bogotá prosegue il dialogo tra le parti
Le visite, in questi ultimi due giorni, di autorità, deputati, organizzazioni internazionali, hanno interrotto, ma solo per alcune ore, le violenze e gli spari a Cali, la terza città della Colombia e la maggiore del Sud Ovest, da due settimane ormai epicentro delle proteste della popolazione, inizialmente nate contro la riforma tributaria (poi ritirata), e successivamente estese a vari settori della società, in particolare giovani e indigeni.
Già dopo un’ora dalla partenza del gruppo di parlamentari della Commissione per la pace e di osservatori internazionali, giunti anche da diversi Paesi europei, accompagnati da rappresentanti della diocesi di Cali, si è tornati a sparare e la Polizia ha disperso un cordone umanitario che si era creato nel quartiere di Siloe. La delegazione ha raccolto, tra l’altro, la denuncia che solo a Cali ci sarebbero state, in queste due settimane, 27 vittime e 127 persone scomparse, anche se secondo le ong Indepaz e Temblores i morti in città sarebbero addirittura 35.
Anche il presidente Duque ha fatto una visita lampo in città, per confermare la linea dura e l’invio di altri agenti e di 3mila soldati. Dall’Osservatorio della realtà sociale dell’arcidiocesi di Cali viene fatto notare: “Ogni giorno cerchiamo di fare passi di distensione per trovare vie d’uscita alla crisi, ma i proiettili e l’uso eccessivo della forza radicalizzano le posizioni, a partire dagli interrogativi sulla morte dei giovani. Perché si oppongono al dialogo e alla concertazione?”.
Lo stesso arcivescovo di Cali, mons. Darío Monsalve, ha nuovamente fatto appello, attraverso Twitter, a rinunciare, a tutti i livelli, all’uso delle armi. E ha chiesto “proteste senz’armi e concertazione con garanzia”, con il coinvolgimento di tutta la società civile.
Il senatore Iván Cepeda, vicino a Libera di don Ciotti, ha dichiarato dopo aver ascoltato le testimonianze di giovani e indigeni: “Dopo aver ascoltato decine di giovani dei quartieri popolari di Cali, la loro angoscia e esigenze, chiedo al presidente Duque se vuole iniziare a trovare soluzione allo sciopero nazionale e ordinare la creazione del reddito di base universale, come proposto da Papa Francesco”.
Nel frattempo nella capitale Bogotá, è stato avviato il dialogo tra il Governo e i leader dello sciopero nazionale. La Chiesa colombiana è presente come garante. La Conferenza episcopale della Colombia ha raccomandato che sia il governo sia il Comitato nazionale di sciopero portino avanti la trattativa con tenacia. Mons. Héctor Fabio Henao, direttore della Segreteria nazionale di Pastorale sociale-Caritas, ha chiesto di “avere la capacità di mantenere sempre la via del dialogo come valida via d’uscita da questa situazione difficile che sta vivendo il Paese ”, con un’attenzione privilegiata per persone più bisognose, per quelle che più richiedono la presenza dello Stato e delle varie organizzazioni.