Caporalato e sfruttamento: ecco i nuovi schiavi tra noi
I numeri di “Sardinia job”: 1.057 lavoratori non in regola, fatture per operazioni inesistenti per circa 21 milioni di euro e 59 persone denunciate. Dietro l'ultima inchiesta della guardia di finanza, un fenomeno in crescita anche in Veneto, non solo nella logistica
La guardia di finanza l’inchiesta l’ha chiamata “Sardinia job”, ma coinvolte ci sono anche numerose aziende venete.
Si tratta dell’ultima operazione in ordine di tempo condotta contro il caporalato, che ha permesso di individuare 1.057 lavoratori non in regola, fatture per operazioni inesistenti per circa 21 milioni di euro e di denunciare 59 persone: quattro per associazione per delinquere, 48 per reati tributari e 7 per riciclaggio di circa 700 mila euro.
Erano 13 società interinali di Sassari a fornire gli operai per le aziende del Nordest, ma la mente era a Spilimbergo, in Friuli, mentre le 37 aziende coinvolte sono disseminate tra le province di Padova, Vicenza, Venezia, Treviso, Brescia, Bergamo, Pavia, Milano e Modena. Nel mirino dei militari, l’intermediazione illecita di manodopera – il cosiddetto caporalato – nel settore manifatturiero e industriale, con emissione di fatture per operazioni inesistenti e di riciclaggio.
L’evasione fiscale attraverso la gestione di appalti illeciti di manodopera era l’obiettivo.
I lavoratori che arrivavano da Slovenia, Romania, Repubblica Ceca e Slovacchia o dalle nostre regioni meridionali, risultavano occupati senza che venissero mai versati i contributi fiscali, previdenziali, assicurativi e giuslavorativi. Le aziende che li impiegavano emettevano fattura alle società intermediarie detraendo l’iva.
A gestire il migliaio di operai erano stati chiamati dei “caporali”, che li organizzavano e li mandavano dove c’era richiesta, e lo stipendio veniva versato dalle società sarde che di fatto si interponevano fra l’azienda e gli operai, mentre i contratti diventavano “appalti per prestazioni di servizio” anziché “fornitura di manodopera”.
Il fenomeno preoccupa.
Nel Padovano si stima che coinvolga oltre la metà dei lavoratori nei settori della logistica e dell’agricoltura, ma oggi sembra in crescita anche nel manifatturiero e nell’edilizia.
Il sindacato denuncia la scarsità di controlli da parte dell’autorità, che non è in grado di verificare le segnalazioni a causa della cronica carenza di personale, oltre alla presenza di “caporali” stranieri che gestiscono il traffico di lavoratori dai paesi d’origine. Ma le denunce da parte dei lavoratori che subiscono sono molto difficili perché si rischia il posto di lavoro.
«Siamo di fronte a un vero e proprio "cancro" diffuso nel nostro territorio, una moderna schiavitù che le istituzioni devono combattere – spiega Piero Ruzzante, consigliere regionale di Liberi e Uguali – Con la trattativa sull’autonomia c’era l’opportunità di rafforzare il ruolo della regione nel contrasto a questi fenomeni, io l’avevo proposto con un emendamento ma la maggioranza ha votato contro. Ora ho depositato un’interrogazione a risposta immediata in merito, ma già nel maggio scorso, dopo gli arresti nelle finte coop della logistica di Padova, il consiglio regionale aveva votato all’unanimità la mia mozione per il contrasto al caporalato e allo sfruttamento del lavoro nero: adesso alle parole devono seguire i fatti. La giunta ci dica quali azioni preventive intende attuare».