Il lavoro all’esame dei cattolici
Dal 26 al 29 ottobre prossimi si svolgerà a Cagliari la 48ª Settimana sociale dei cattolici italiani. Il tema scelto, “Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo, solidale”, risulta decisivo per la dignità delle persone e per il futuro di una economia a dimensione umana. Nei giorni scorsi il Comitato scientifico ha reso noto l’Instrumentum laboris, vale a dire il testo base che servirà da traccia alla discussione e agli approfondimenti che matureranno nei quattro giorni di lavoro.
Il documento, costituito da 75 tesi, si suddivide sostanzialmente in tre parti.
Nella prima si fa richiamo alla dottrina sociale della chiesa e alle encicliche papali a partire dalla Rerum Novarum (1891) di Leone XIII fino all’Evangelii Gaudium (2013) di papa Francesco, dove si afferma che, nel lavoro, «l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita», aggiungendo che «il giusto salario permette l’accesso adeguato agli altri beni che sono destinati all’uso comune».
Dalle varie citazioni emerge una linea coerente e coraggiosa della chiesa in difesa dell’uomo e del lavoratore nella loro integralità; di denuncia delle storture di un capitalismo senza etica; di difesa dei più deboli e degli sfruttati; di una ferma presa di posizione a salvaguardia della natura e dunque del Creato «quale criterio etico irrinunciabile ma anche premessa per la stabilità e la produttività del lavoro».
Vi è poi un richiamo forte alla Carta costituzionale e in particolare al suo primo articolo: «L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro», e all’articolo 4: «La repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto». Si salda in tal modo in maniera rispettosa ma organica la concezione etica a quella laica del lavoro, inserendo il tutto nella dottrina dei diritti e dei doveri del cittadino, sia egli credente o non credente.
Nella seconda parte il documento evidenzia come vi siano in essere situazioni problematiche che occorre denunciare con forza: disoccupazione giovanile, precarietà, piaga del caporalato, lavoro delle donne malpagato, lavori pericolosi e malsani, sfruttamento anche di minori. Su questi temi nessuno può tacere né rifiutarsi di agire per un loro superamento e per un rientro nell’alveo della legalità.
Segue un capitolo importante dedicato alla ricerca e alla diffusione delle “buone pratiche”, vale a dire delle esperienze positive in corso nei diversi settori produttivi
Questo inventario si rivela non solo necessario, ma indispensabile per giungere a formulare – nella parte finale – delle proposte concrete di sviluppo compatibile dell’economia. Si dà voce quindi a chi ha saputo vincere la sfida di creare valore economico e buon lavoro nel rispetto dell’ambiente; a chi ha affrontato la competizione globale puntando sulla qualità e l’innovazione; alle eccellenze produttive nel settore agricolo, manifatturiero e turistico; allo sviluppo dei servizi di promozione dello straordinario patrimonio artistico, culturale e naturale dell’Italia.
Da questa analisi – precisa il documento – emerge che il lavoro partecipativo e solidale risulta determinante nella maggiore o minore capacità delle aziende di creare valore economico. Nella terza parte dell’Instrumentum laboris, sulla base dell’analisi effettuata, vengono avanzate delle proposte concrete e responsabili.
Vi è infine un richiamo all’Europa, che risulta apparire «bloccata in mezzo al guado» ma che sola può garantire coerenti politiche sovranazionali «in campo finanziario, della difesa e delle scelte di politica internazionale».
Si sottolinea pertanto la necessità di far avanzare il processo costitutivo dell’Unione a partire da misure concrete quali l’armonizzazione fiscale (oggi ogni stato ha un suo regime fiscale che fa concorrenza agli altri e così i grandi capitali vanno dove si pagano meno tasse!), e «dall’apertura di una nuova stagione di investimenti»: il tutto finalizzato all’obiettivo della piena occupazione.
Il documento conclude sottolineando come «l’impegno per la nuova centralità del lavoro non finisce a Cagliari» e che deve anzi proseguire in una azione diffusa e quotidiana a ogni livello, compreso quello delle comunità ecclesiali e delle parrocchie. Questo perché «sulla realtà del lavoro si gioca il futuro di una società e anche la responsabilità dei cattolici nella costruzione del bene comune». L’auspicio dunque è che la 48ª Settimana sociale possa davvero diventare un punto di partenza per una rafforzata presenza e rilevanza pubblica dei cattolici in Italia..
Renzo Cocco