Vo' Euganeo e Schiavonia. Quaresima "in esilio" nell'epicentro veneto
Attesa, solitudine, speranza. Don Mario Gazzillo, parroco moderatore dell’unità pastorale di Vo’, osserva dalla sua canonica il paese divenuto epicentro dell’emergenza Coronavirus in Veneto.
«Continuo a rimanere in casa il più possibile uscendo solo per necessità. Sono in contatto con un po' di parrocchiani, via messaggi e qualche telefonata, mi chiamano preti, familiari e amici. Mi ha richiamato anche il vescovo. In generale io sono tranquillo. Attendiamo informazioni concrete dalle autorità perché, purtroppo, nella stampa si trovano spesso notizie contrastanti». Tanta la gente in coda, di fronte alla scuola del paese, per sottoporsi al test del tampone: «Lunedì ho provato anche io, ma sono dovuto tornare a casa e riprovare più tardi. Sembra comunque che i contagi siano circoscritti ai frequentatori di quel bar specifico e alle persone con cui sono venuti a contatto. Penso che la prova tampone, appena si riuscirà a concluderla, darà una visione più chiara della situazione».
Dalla canonica don Mario pensa alle attività pastorali, che anche con le chiese non accessibili, introdurranno la comunità al tempo di Quaresima: «In casa faccio qualche lavoretto e penso a come vivere il Mercoledì delle Ceneri, magari dando qualche indicazione alla comunità. Purtroppo il telefono suona spesso, il 90 per cento delle chiamate sono di giornalisti e non ho tempo né informazioni precise da dare. La tensione sembra aumentare, ma noto che anche molte persone, cittadini comuni, non solo le autorità, invitano alla calma e all'ordine».
Altrettanto strani questi giorni sono per don Marco Galante, cappellano dell’ospedale di Schiavonia, “svuotato” dopo il diffondersi dell’epidemia: «La situazione sta tornando pian piano alla normalità. Un po’ alla volta sia io, che don Renzo Bagarolo, altro cappellano, siamo potuti tornare, sia per fare il tampone sia per metterci a servizio degli ammalati. Seguiamo però le direttive dell’autorità medica: non giriamo liberamente, ma, muniti di mascherina – e in alcuni casi con la tuta – visitiamo gli ammalati più gravi che hanno bisogno urgente di noi».
Ma la Quaresima comincia: «Siamo già entrati in Quaresima – osserva don Galante – ben prima del tempo. In un pensiero, condiviso via Whatsapp con i miei parrocchiani qui a Monselice, mi sono chiesto cosa il Signore ci stia chiedendo in questo momento. È un momento senz’altro di purificazione, un momento in cui ritornare a una relazione più vera con il Signore, ma anche tra di noi». L’assenza dell’Eucarestia domenicale si fa sentire: «L’immagine che mi viene in mente, di fronte all’impossibilità di ritrovarci insieme per celebrare, è quella dell’esilio. Ma è proprio nell’esilio che il Signore prepara il suo popolo a qualcosa di nuovo».
Sui social, le indicazioni spirituali di San Carlo
In tempi di messe sospese e riti annullati, c'è anche chi ha coniato delle "Indicazioni per l'anima" da affiancare alle direttive per la sicurezza stabilite dalle autorità civili. È il caso della parrocchia di San Carlo all'Arcella, che invita fedeli e amici a scegliere dal decalogo le attenzioni che possono aiutare di più tra: non guardare in continuazione tv e notizie; non passare nell'ozio il tempo della chiusura delle attività, ma darsi delle regole quotidiane; riservare un'ora al giorno per la preghiera; vivere qualche momento di digiuno secondo le intenzioni del papa; meditare il vangelo del giorno; leggere continuativamente il vangelo di Marco; chiedere in preghiera il dono della salute e della guarigione; dedicarsi alle cose semplici che fanno stare bene; chiamare un amico che non si sente da tanto; coltivare pensieri di bene. Non manca l'invito ad attenersi scrupolosamente alle indicazioni delle autorità pubbliche.