Vighizzolo d’Este. Ricordo di don Boscardin
Parroco per cinquant’anni, viene ricordato questa domenica con una celebrazione eucaristica e la posta di una targa commemorativa. Alle esequie, il vescovo Girolamo Bortignon sottolineò la sua «carità verso tutti, verso i poveri e i sofferenti. La sua vita di servizio senza tregua. Era un’anima schietta, serena, confidente in Dio e sorridente nelle incertezze, difficoltà e tribolazioni». Rivolgendosi alla comunità di Vighizzolo disse: «Preghiamo affinché abbiate da ritrarre i suoi lineamenti e imitarne gli esempi».
La parrocchia di Vighizzolo d’Este ricorda don Giovanni Boscardin – questa domenica nell’eucaristia delle 9.30 – a cinquant’anni dalla sua morte. A seguire viene posta sulla sua lapide, in cimitero, una targa commemorativa.
Don Giovanni è stato parroco a Vighizzolo – dove la memoria è ancora viva – da 1956 al 1970. Nato a Lusiana il 5 agosto 1919, è stato ordinato prete il 28 giugno 1942. Ha svolto il suo primo ministero come cappellano ad Arsego tra il 1942 e il 1945, poi per dieci anni è stato a Santa Margherita D’Adige. Nominato cappellano a Stanghella nel 1955, dopo un breve periodo ha fatto il suo ingresso come parroco a Vighizzolo, l’8 aprile 1956. Qui è morto il 26 ottobre 1970, e qui giace, nella tomba dedicata ai preti.
Alla celebrazione delle esequie il vescovo Bortignon disse: «Con don Giovanni è partito un servitore fedele e prudente che il Signore aveva posto sopra questa dilettissima famiglia parrocchiale. Fu davvero un pastore buono, diventato servitore distinto della Chiesa e delle anime».
Richiamandosi al testamento spirituale, il vescovo metteva in rilievo della figura di don Giovanni, la sua «carità verso tutti, verso i poveri e i sofferenti. La sua devozione alla Chiesa, al papa al vescovo. La sua vita di servizio senza tregua». Lo definiva «anima schietta, serena, confidente in Dio e sorridente nelle incertezze, difficoltà e tribolazioni».
Notevole la consegna di mons. Bortignon sulla bara di don Giovanni: «Per tutti voi fedeli di questa famiglia parrocchiale, preghiamo affinché abbiate da ritrarre i suoi lineamenti e imitarne gli esempi».
Nel bollettino parrocchiale dell’epoca, redatto dal vicario economo don Antonio Bellotto, si legge: «Indimenticabile resta la giornata di cordoglio generale, della nostra parrocchia, in cui gli demmo il nostro estremo saluto. Fu un momento particolarmente carico di sentimenti: le sue sembianze piene di bontà hanno lasciato in tutti il ricordo di un uomo che nella sua non lunga giornata sacerdotale aveva saputo parlare al cuore della gente. Don Giovanni s’è spento serenamente, s’è spenta la sua voce familiare nelle celebrazioni in chiesa e nel colloquio familiare nelle vostre case, si è spento il suo sguardo buono, ma non si deve spegnere la luce di fede, di carità generosa, di attesa del regno dì Dio che ha illuminato la sua esistenza e le vostre coscienze cristiane nei 14 anni di suo ministero. Il sacerdote vero, in ogni tempo, è “luce del mondo” con la sua fede, speranza e amore: egli muore, ma la sua luce rimane».
Nel 25º di sacerdozio, la maestra del suo paese lo aveva ricordato «umile, sorridente, pio, compagno di svaghi chiassosi, di liete passeggiate fra il verde e il silenzio dei boschi».
Al suo trasferimento da Santa Margherita, il parroco don Giovanni Graziato aveva scritto: «Il cappellano don Giovanni Boscardin, dopo dieci anni di lodevole ministero, lascia la Parrocchia per trasferirsi a Stanghella. In paese rimane un graditissimo ricordo della sua persona».
Durante un ritiro a Villa Immacolata, nel 1966, redige il suo testamento spirituale. Eccone alcuni passaggi: «Io (...) nato da famiglia povera ma cristiana e tanto provata dal dolore, chiamato dall’infinita bontà di Dio a essere suo – sebbene tanto indegno – ministro, vissuto qual figlio devoto nel grembo materno dì Maria a della Chiesa, dichiaro fermamente come tale di voler anche morire, nel tempo e nel luogo al Signore più graditi... spero però nella sua amicizia. Dichiaro ai miei figli spirituali che, nonostante la mia pochezza e i miei difetti, li ho sempre teneramente amati, ricercando unicamente il loro bene, la salvezza della loro anima. Chiedo umilmente perdono a quanti, sia pur involontariamente, avessi recato qualche disgusto. Da parte mia sento che il mio cuore è libero da qualsiasi sentimento di avversione verso chicchessia e quindi non ha necessità di perdonare. Mi raccomando alle vostre preghiere, o figli miei, onde implorare sull’anima mia la misericordia del Signore. Chiedo il favore che alla mia morte si faccia tutto con semplicità - niente fiori, niente cassa di lusso, ma solo preghiere e opere buone. (...) Ho fiducia che la misericordia divina o la bontà materna della Madonna mi concedano il bel Paradiso nel quale tutti vi aspetto e dal quale vi benedico paternamente».