Unitalsi. Niente pellegrinaggi a Lourdes, ma non viene meno lo stile dei volontari
Il messaggio del papa per la giornata del malato coglie bene la centralità e lo spirito dei volontari dell'Unitalsi. Come volontari sono chiamati a essere prossimi, vicini a chi soffre. Ad avere un atteggiamento di aiuto e ascolto, a creare una relazione di fiducia, che non va mai tradita, ma alimentata.
«Il messaggio del papa per la giornata del malato – afferma Giliola Secco, presidente della sottoscrizione di Padova dell’Unitalsi – coglie bene la nostra centralità. Come volontari siamo chiamati a essere prossimi, vicini a chi soffre. Ad avere un atteggiamento di aiuto e ascolto, a creare una relazione di fiducia, che non va mai tradita, ma alimentata e che è basilare. Come volontari abbiamo in custodia il cuore di persone segnate da sofferenza, malattia, dolore e spesso emarginate. Quando siamo insieme ci raccontano paure, attese, dolori e noi portiamo loro il ministero della consolazione che può attenuare questa sofferenza».
Il tempo della pandemia ha purtroppo cambiato la modalità di relazione, la vicinanza è venuta meno, manca il rapporto umano diretto che viene sostituito da alcune telefonate, manca lo stare insieme, uscire, dedicare del tempo, mettere al centro chi soffre, dare una carezza o un abbraccio, rivolgere uno sguardo. Non viene meno però, la fiducia. Il papa parla di lasciarsi coinvolgere dalla sofferenza, così da sollevare, togliere il peso che aggrava chi è fragile. «Il virus ha rallentato i nostri ritmi e ci ha portati anche a riflettere sul bisogno di umanità, non solo per noi volontari. I pellegrinaggi a Lourdes sono una sorta di palestra: ci alleniamo ad assumere un ritmo diverso da quello della quotidianità. Non più frenetico, ma al passo di chi ha bisogno di essere sostenuto, di chi ha bisogno di essere preso per mano. Oggi questo è anche il ritmo di chi è sano. Anche chi è in salute ha bisogno del sostegno della relazione per far fronte e allontanare le paure. Il nostro Dio è un Dio di relazione e questo ci deve aiutare a coltivare la speranza cristiana che ritorneremo a tessere il nostro rapporto di vicinanza con i malati».