Scuole dell'infanzia. Don Lorenzo Celi: "Vicini alle ai bambini e famiglie, prudenti sulla sicurezza"
Nel futuro, famiglie più coinvolte. «Ripensiamo le scuole in base a servizio al territorio e sostenibilità»
La riflessione sulle attività socio-educative nelle scuola dell’infanzia, e più in generale sull’inedita fase che le strutture legate alle comunità cristiane stanno attraversando, sta investendo anche l’Ufficio per l’educazione e la scuola della Diocesi di Padova che accompagna le 240 scuole paritarie presenti sul territorio diocesano, con 17.500 bambini iscritti e 1.700 tra insegnanti e personale di servizio. Il direttore dell’Ufficio, don Lorenzo Celi, segue da vicino gli sviluppi legati ai possibili centri estivi nelle scuole dell’infanzia paritarie.
Che idea si è fatto di questa iniziativa?
«Abbiamo due fronti davanti a noi: la cura nei confronti dei bambini e delle famiglie e la prudenza, sia per quanto attiene il rispetto delle norme per la salute di famiglie, bambini e personale, sia nei confronti di un’organizzazione che si profila complessa. C’è la piena disponibilità di farsi prossimi alle famiglie, data la riapertura delle attività lavorative, ma di fronte a un sistema rigoroso di norme dobbiamo stare attenti a non promettere quello che non fossimo in grado di mantenere. Abbiamo ben chiare le ragioni pedagogiche e psicologiche alla base dell’iniziativa: da due mesi i bambini sono a casa e devono ritrovare una socialità in ambiente educativo per una ripresa serena del loro percorso scolastico. Non va trascurato nemmeno il fatto che anche dal punto di vista economico sarebbe una boccata d’ossigeno per i gestori, con tutti i “se” e i “ma” del caso, perché non conosciamo i costi dei centri estivi in termini, per esempio, di sanificazione quotidiana o di dispositivi di protezione individuale».
Quanto sta impattando l’emergenza sui bilanci delle scuole dell’infanzia?
«A fronte della sospensione del servizio erogato imposta dal Governo, nonostante l’applicazione dello sconto sulle quote richieste alle famiglie (la Fism ha indicato un ribasso del 65 per cento, ndr) molte di queste non versano quanto richiesto. Alcune per effettiva necessità, perché in cassa integrazione o in disoccupazione, altre per presa di posizione, non tenendo conto che sulla scuola continuano a gravare i costi fissi oltre agli impegni nei confronti del personale che riguardano sia i mesi correnti, come ore di didattica a distanza e altri servizi, sia i mesi di luglio e agosto che sicuramente saranno a carico delle scuole. La maggior parte delle amministrazioni locali si è dimostrata attenta al momento di crisi anche se non sono mancati casi in cui, per ragioni contingenti, si è profilata la possibilità di una riparametrazione dei contributi, il che metterebbe in ulteriore difficoltà la gestione ordinaria di queste realtà educative».
Come si è sviluppata la didattica a distanza in questi mesi?
«Molte delle nostre insegnanti, ben guidate dalle coordinatrici, stanno svolgendo un servizio molto prezioso tenendo i contatti con bambini e genitori e inviando materiale come video e schede per aiutare i bambini a non perdere il contatto con la loro scuola. Evidentemente la didattica a distanza nei confronti di bambini così piccoli ha efficacia molto diversa rispetto a ragazzi e adolescenti e non può certo sostituire il cuore del momento educativo legato al periodo 3-6, fatto di vicinanza e contatto».
Quale stato d’animo ha verso il futuro delle scuole dell’infanzia paritarie?
«Le preoccupazioni non mancano, ma proviamo a ricavare un auspicio per ognuna di esse. Anzitutto temo che nelle nostre comunità cristiane non ci sia la percezione della reale importanza di queste scuole: auspico che la forte domanda di tornare da parte di bambini e famiglie e l’impegno delle insegnanti facciano scoprire il peso di queste realtà anche nella crescita della fede e dell’appartenenza alla comunità. In secondo luogo, temo che vengano a mancare le risorse necessarie: auspico che sempre più le famiglie si sentano corresponsabili della gestione delle scuole e che nelle autorità maturi una diversa concezione della parità scolastica, che si passi dal “regalare contributi” a un doveroso sostegno nell’ottica della pluralità e della libera scelta educativa delle famiglie. In terzo luogo mi preoccupa che nulla cambi nel nostro modo di concepire queste scuole: auspico che prima di riaprire le comunità abbiano il coraggio di ripensare questa presenza superando la logica del campanile e progettando invece nella dimensione del servizio al territorio e dell’effettiva sostenibilità. Infine, c’è il timore che l’emergenza Covid imponga adeguamenti strutturali che le nostre scuole non possono permettersi: spero che lo Stato consideri le nostre scuole alla pari delle statali e quindi preveda un piano di adeguamento che non gravi sulle spalle dei gestori e delle famiglie».