Preti in cambio. Sostegno prezioso nel passaggio. Tre voci per restituire l’esperienza vissuta a inizio settembre a Villa Immacolata
«È stato il momento in cui ho preso consapevolezza che il cambiare ministero non era più qualcosa che sapevo solo io, ma che diventava sempre più realtà». Questo il sentire di don Alessandro Fusari – che è stato nominato parroco di San Giacomo di Monselice, Ca’ Oddo, Marendole e Schiavonia – dopo i giorni vissuti a Villa Immacolata, a inizio mese, con i preti “in cambio”. «Quel tempo mi è servito per ripensarmi come presbitero, per ritornare all’origine della chiamata del mio ministero».
Don Alessandro è rimasto piacevolmente colpito dal «clima di fraternità che si è creato tra preti di diverse età e anche con il vescovo Claudio e i vicari episcopali. Il dialogo è stato schietto e sincero: sono emerse le difficoltà, ma anche le sfide belle che questo tempo ci sta offrendo per continuare ad annunciare il Vangelo alle persone che ci sono affidate».
Per don Gilberto Ferrara, che è stato nominato parroco di Limena, c'è un verbo «che ritorna in me in maniera frequente e prepotente in questo periodo: cambiare. Condividere l'esperienza del cambio con altri preti è stata un'esperienza singolare. Ti ritrovi a parlare, pregare, mangiare e scherzare con preti di tutte le età. Se cambiare ti mette in qualche modo in difficoltà, perché c'è tutto un nuovo da affrontare, vivere questo momento con altri ti fa capire che stai lavorando nel Regno di Dio e che non sei da solo».
Don Gilberto si è portato a casa «la serenità di sapere che siamo parte di un grande tutto. E anche la consapevolezza che il Signore ci accompagna e che sempre vuol farci scoprire cose nuove. Mi sono portato a casa la voglia di spendere le energie che ancora penso di avere, condividendole con la nuova comunità che mi è stata affidata. E ora... si riparte! Spero che il Signore continui a sorridere a ciascuno dei preti in cambio».
Un po᾿ anomala – la definisce così – l'esperienza di don Paolo Scalco a Villa Immacolata. «Il mio non era un vero e proprio trasferimento, ma la conclusione di un’attività pastorale per entrare in un’altra dimensione, quella del penitenziere. Però ho vissuto con grande soddisfazione quei giorni per la fraternità e per le tematiche affrontate. Si respirava un’aria di attesa, di interrogativi sul futuro, di aspettative e di adesione alla nuova missione. Tutto però era vissuto con spirito di fiducia e di fede. Le celebrazioni ben preparate ci hanno aiutato ad abbandonarci con fiducia al Signore. Un’esperienza che ha preparato al passaggio per viverlo con maggior serenità e pace interiore».